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*ARTICOLI IN
  ITALIANO 
Da '
  un'occhiata al libro del Dott. Tremblay in prossima uscita "The Code for
  Global Ethics" (‘Il codice per l’etica globale’) all’indirizzo: 
(in francese) 
15. 
Settembre 7th, 2011 
DOMANDA:  
Quali sono le regole da
  adottare per un’unione monetaria stabile in presenza di una moneta comune? 
RISPOSTA: di Rodrigue
  Tremblay (professore emerito di economia presso l’Università di Montreal): 
1 – In primo luogo, i Paesi
  membri devono avere strutture economiche e livelli di produttività del lavoro
  simili, in modo che la moneta comune non appaia sopravvalutata o
  sottovalutata a seconda della particolare economia del singolo Paese
  aderente. Un’alternativa è quella di avere un alto grado di mobilità del
  lavoro fra le economie regionali in modo che i livelli di disoccupazione non
  rimangano eccessivamente elevati nelle regioni meno competitive. 
2 – In secondo luogo, se
  una delle due condizioni di cui sopra non è soddisfatta , l’unione monetaria
  deve essere guidato da un soggetto politico forte (forse un sistema di
  governo federale) che sia in grado senza problemi di trasferire fondi dalle
  economie a surplus fiscale alle economie con deficit fiscale, attraverso
  fondi gestiti centralmente sotto forma di pagamenti di perequazione fiscale.
  Questo per evitare le tensioni politiche e di incertezza quando il tenore di
  vita aumenta nelle ricche economie regionali e cala invece in quelle meno
  ricche. Infatti, dal momento che i tassi di cambio regionali non possono
  essere regolati verso l’alto o verso il basso per ristabilire l’equilibrio di
  ogni Paese membro e dato che la legge del prezzo unico si applica in tutta la
  zona monetaria, il principale meccanismo di aggiustamento agli squilibri
  esterni resta quello di contrastare le fluttuazioni nei livelli di reddito ed
  occupazionali. 
3 – Una terza condizione
  per un buon funzionamento dell’unione monetaria è quello di avere la libera
  circolazione dei capitali finanziari e bancari all’interno della zona
  monetaria. Questo per assicurare che i tassi di interesse (corretti per il
  fattore di rischio) siano coerenti all’interno di tale zona e che i progetti
  produttivi abbiano l’accesso ai finanziamenti ovunque essi avvengano. Negli
  Stati Uniti, per esempio, l’elevata liquidità nel mercato dei fondi federali
  consente alle banche (in temporaneo deficit nel controllo di compensazione)
  di prendere in prestito fondi a breve termine dalle banche che si trovino in
  una posizione di temporanea eccedenza. In Canada, le grandi banche nazionali
  hanno filiali in tutte le province e possono facilmente trasferire fondi
  dalle filiali con fondi in eccedenza alle filiali con fondi in disavanzo,
  senza intaccare il loro credito o le operazioni di prestito. 
4 – La quarta condizione è
  quella di avere una Banca centrale comune la cui politica monetaria si
  rivolga non solo al controllo dell’inflazione ma anche alla reale crescita
  economica e dei livelli occupazionali. Tale Banca centrale dovrebbe essere in
  grado di agire come prestatore di ultima istanza non solo nei confronti delle
  banche ma anche dei governi della zona monetaria. 
Sfortunatamente
  l’Eurozona ha fallito spesso incontrando alcune delle più fondamentali
  condizioni per il funzionamento di unione monetaria. 
Guardiamole
  una ad una. 
Primo, i
  livelli di produttività lavorativa (produzione per ora di lavoro) varia
  sostanzialmente tra gli stati membri. Per esempio nel 2009, se il livello
  dell’indice di produttività in Germania era 100, in Grecia era solo il 64,4,
  quasi un terzo più basso. In Portogallo ed Estonia per esempio, era
  rispettivamente anche più basso tra il 58 e il 47. Questo significa che
  l’euro, come valuta comune, può sembrare svalutata in Germania ma
  sopravvalutata per molti altri membri dell’Eurozona, stimolando la rete delle
  esportazioni nel primo caso ma andando a colpire male la competitività degli
  altri paesi membri. 
Secondo, e
  possibilmente uno dei più importanti requisiti, l’Eurozona non ha il sostegno
  di una forte e stabile unione politica e fiscale. Questo permette trasferimenti
  fiscali tra gli stati membri che devono essere fatti con decisioni politiche
  ad hoc, e questo crea incertezza. Infatti, no ci sono dei meccanismi
  permanenti di pagamenti equanimi tra forti e deboli economie all’interno
  della zona. Perciò possiamo dire che non esiste una solidità economica
  permanente all’interno della zona. 
Terzo: i
  progettisti eletti dell’Eurozona per limitare la Banca Centrale Europea ad un
  suo ruolo strettamente definito, hanno come principale obbligo quello di
  mantenere la stabilità dei prezzi mentre non hanno responsabilità nella
  stabilizzazione di tutta la macro economia della zona e di prevenirla se
  fosse il caso se i governi creassero denaro. Per questa ragione possiamo dire
  non c’è nell’Eurozona una solidarietà finanziaria istituzionale. 
Infine,
  anche se la mobilità ed il lavoro dell’Eurozona è alta, storicamente è molto
  meno sicura rispetto al caso della unione monetaria americana. 
Traduzione
  di: Nicola Z., 22 marzo 2012. 
Fonte: Prof. Rodrigue TREMBLAY, professore
  emerito di Economia all’Università di Montreal. 
17/07/2011 
7/18/2011 
Dott. Rodrigue Tremblay è professore emerito di economia alla Université de Montréal, può essere
  contattato all’indirizzo rodrigue.tremblay@yahoo.com. 
Visitate il suo blog www.thenewamericanempire.com/blog
  e il suo sito : 
14. 
2015, anno dei Neocons guerrafondai.
  Attenta Europa! 
(Prof. Rodrigue TREMBLAY, professore
  emerito di Economia all’Università di Montreal) 
Maria Grazia Bruzzone/La Stampa 
06/01/2015 
“I Neocons spingono
  continuamente verso confronti, conflitti, e guerre: il 2015 potrebbe essere
  l’anno in cui molti dei fuochi che hanno acceso esplodono”, scrive Rodrigue
  Tremblay, economista canadese prof emerito all’Università di Montreal, più
  moderato ma solo nei toni. E paventa non uno ma due rischi: un’altra crisi
  finanziaria, oltre a una guerra nucleare, conseguenza della Guerra Fredda
  ripresa con la Russia. 
“I neoconservatori o Neocons hanno ormai un controllo quasi
  integrale del governo Americano sotto la facciata di qualsiasi presidente sia
  al vertice del paese. Dirigono le politiche americane al Dipartimento di
  Stato, al Pentagono, al Tesoro e alla Fed, la banca centrale” – scrive il
  prof canadese, mettendo nel mucchio i falchi sul piano economico, a rigore
  non propriamente Neocon (ma il
  concetto è largo, vedi un post del 2004 sul
  sito del Cfr-Council of Foreign
  Relations scritto da Max Boot, uno di loro, per smontare tanti ‘miti’ sul
  gruppo, nel mirino in quel momento a ridosso della guerra in Irak). 
“Non accadeva prima
  dell’amministrazione Reagan (1981-89) quando il presidente adottò la politica
  estera “muscolare” ispirata ai neoconservatori e basata sull’intervento
  militare all’estero, la guerra preventiva, i cambiamenti arbitrari di regime. 
Non se la passavano tanto
  bene sotto George H. Bush (1989-93) che a un certo punto ne rinnegò i
  consigli e li considerava “i pazzoidi del seminterrato” ( the crazies in the basement). 
Paradossaalmente hanno
  ripreso a contare sotto Bill Clinton (1993-2001) con l’intervento
  ‘umanitario’ NATO in Kosovo a guida americana e con l ‘irresponsabile
  smantellamento del Glass Steagall Act (la separazione fra banche commerciali
  e banche d’affari speculative introdotto negli anni ’30 dopo la Crisi del
  ’29) che ha spianato la strada alla crisi finanziaria mondiale del 2008 –
  come hanno riconosciuto molti economisti e lo stesso presidente Obama. 
Il loro maggior successo
  tuttavia arriva con George W. Bush e di Dick Cheney (2001-2009) quando hanno
  persuaso l’amministrazione a lanciare l'intervento in Afghanistan e
  soprattutto l’invasione dell’ Irak, una guerra ancora in corso oggi, 12 anni
  dopo. E hanno delineato la cosiddetta ‘ dottrina Bush’ delle ‘guerre
  preventive’ ( preemptive)e del
  cambio forzato di regime in altri paesi, per l’interesse nazionale e
  promuovere la democrazia. 
E’ l’ideologia dei Neocons puri avanzata tempo prima,
  quando Paul Wolfovitz era vicesegretario alla Difesa con Bush padre che poi
  quelle idee ripudiò pubblicamente, e venne pubblicata in vari saggi e scritti
  del PNAC, Project for the New American Century, il pensatoio fondato nel 1997
  da William Kristol e Robert Kagan(quest’ultimo incidentalmente marito di
  Victoria Nuland la diplomatica che ha ammesso l’intervento americano di un
  anno fa per ‘cambiare regime’ in Ucraina). Che i due personaggi, e vari altri
  del gruppo siano ebrei non significa che lo sia il movimento dei Neocons in quanto tale, precisa il
  post di Cfr   citato). Pur ammettendo la vicinanza politica con l’ala
  destra israeliana e altri partiti conservatori.  
… 
 “Dopo la caduta dell’impero Sovietico nel 1991 i
  guerrafondai Neoconservatori teorizzarono che non ci dovesse essere nessun
  ‘dividendo di pace’ per i cittadini Americani (come asserivano 'pacifisti'
  alla Jimmy Carter, messo infatti subito da parte) e che gli USA dovessero
  cogliere l’opportunità di diventare la sola superpotenza  militare al
  mondo e aumentare, non diminuire, la spesa militare. L’obiettivo era
  stabilire un Nuovo Impero Americano del 21° secolo, sulle orme dell’Impero
  Britannico del secolo 19°”. 
“Dopo gli eventi dell’11
  settembre e l’arrivo di George W. Bush alla Casa Bianca Wolfovitz, come vice
  segretario alla Difesa di Rumsfeld era nella posizione migliore per spingere
  affinché il budget del Pentagono venisse incrementato la spesa militare e la
  politica estera adottasse una linea più aggressiva. 
Quel che inquieta – aggiunge
  il prof Tremblay - è il fatto che nel 2000 il PNAC aveva prodotto un
  documento intitolato ‘ Rebuilding American
  Defenses’ (Ricostruire le difese americane, di cui Wolfovitz era un
  firmatario) che enigmaticamente osservava come solo una ‘nuova Pearl Harbor’
  avrebbe fatto accettare agli americani i cambiamenti nella politica militare
  e di difesa che il gruppo neocon stava proponendo. Poi nel settembre 2001 la
  ‘nuova Pearl Harbor’ prese per coincidenza la forma degli attacchi delll’11
  settembre. 
… 
Per il prof. Tremblay, la
  Guerra Fredda e la sua eventuale degenerazione è solo uno dei due rischi
  associati ai Neocons. L’altro è
  un’altra crisi economica che potrebbe essere favorita dal nuovo provvedimento
  sui derivati passato dal parlamento Usa il 16 dicembre scorso, una legge
  praticamente scritta da avvocati e lobbisti di Wall Steet e megabanche (il
  particolare di Citigroup, già ispiratrice della cancellazione del Glass
  Steagall Act nel 1999) che concede mano libera a banche e assicurazioni per
  usare i depositi assicurati dal governo per agire speculativamente sul
  mega-galattico mercato dei derivati, cancellando i pur timidi limiti
  introdotti dalla riforma di Wall Street, il Dodd-Frank Act del 2010 promossa
  da Obama . 
-Un altro colpo di mano
  finanziario sotto un presidente Democratico, dopo l’abolizione del
  Glass-Steagall Act  firmata da Bill Clinton, consigliato dal suo
  ministro del Tesoro Robert Rubin e del suo vice Larry Summers, entrambi per
  anni a libro paga di megabanche. Rubin passò a la palla a Summers proprio nel
  1999  per spostarsi… a Citigroup dove guadagnò in 10 anni $126 milioni. 
-Così come fu Clinton sia a
  tradire la promessa fatta da Bush padre a Gorbachev di non allargare la NATO
  a est, sia a promuovere l’intervento in Kosovo per “ragioni umanitarie”, un
  importante precedente nella strategia dell’Alleanza che in quegli anni si
  andava ampliando proprio a est e trasformando da strumento di difesa in
  strumento di offesa, per ‘ragioni umanitarie’, appunto, o per ‘promuovere la
  democrazia’, o per ‘difendere dal terrorismo’.   
Una politica suggerita dai Neocons, scrive Rodrigue Tremblay, e
  proseguita da Bush figlio come da Obama, che pure all’inizio del primo
  mandato sembrava – almeno a parole - voler voltare pagina. Come dire che
  presidenti e amministrazioni, siano Democratici o Repubblicani, alla fine
  contano poco, altre sono le forze in gioco e i corposi interessi che le
  muovono.   
Ma qui siamo già al secondo
  rischio, quello di una guerra nucleare col riaccendersi della Guerra Fredda
  con la Russia. 
CONCLUSIONE 
“Se gli affari del mondo
  volgessero al peggio nel 2015, il mondo dovrebbe almeno sapere dove puntare
  il dito per additare i colpevoli". I toni di Tremblay sono didascalici
  come si addice a un professore.“ Molte persone pensano che gli eventi del
  mondo si verifichino per puro caso e che non sia alcuna pianificazione dietro
  di essi. Sbagliatissimo. Cattive politiche dei governi, misfatti, operazioni false flag o semplici errori di
  calcolo sono spesso causa di crisi geopolitiche, siano finanziarie,
  economiche o militari.  
Non c’è bisogno di essere
  complottisti per rendersene conto, aggiungiamo. 
“Sta diventando sempre più
  evidente anche fra i poco o male informati di noi, che la rinascita della
  Guerra fredda con la Russia è stata progettata da Washington e che la Russia
  non è l’aggressore (come la propaganda ufficiale vuole che crediamo) ma ha
  reagito a un’intera serie di provocazioni guidate dagli USA” - scrive ancora
  Tremblay. 
Perché tanti interventi di
  destabilizzazione nel mondo decisi dal governo Usa e a chi giova questa
  instabilità voluta? E’ una buona domanda che gli americani dovrebbero
  porsi".  
“A livello nazionale,
  l’economia americana deve continuare ad essere guidata dai banchieri? A
  livello internazionale, il governo deve continuare la politica che mira a
  spingere la Russia nell’angolo e a distruggerne l’economia? Sono azioni di
  guerra. I cittadini americani sono d’accordo? Chi se ne gioverà di più e chi
  perderà di più se ci sarà una guerra nucleare con la Russia? Dal momento che
  l’Europa si troverebbe in prima linea, a queste domande si dovrebbe
  rispondere anche in Europa". 
“Il mondo oggi ha
  disperatamente bisogno di una comunità internazionale governata da leggi, non
  di un impero mondiale sciovinista che guarda solo ai propri limitati
  interessi.“ 
__________________________________ 
Rodrigue Tremblay
  è una personalità eclettica del
  panorama culturale canadese. Economista, umanista, politico, è professore
  emerito di economia all’Università di Montréal, autore di diversi saggi e
  articoli e titolare del blog The New American Empire  
13. 
Tre cruciali decisioni di Bill Clinton 
Del Prof. Rodrigue TREMBLAY 
(professore emerito di Economia all’Università di Montreal) 
(Il 15 agosto 2014) 
“Ho detto, nel 1936, che il problema non era il patto della Società delle
  Nazioni, ma prima di tutto le questione della moralità internazionale… La
  Carta delle Nazioni Unite esprime benissimo le aspirazioni più nobili
  dell’uomo: il rifiuto di ricorrere alla forza per regolare i conflitti fra
  Stati; la difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per
  tutti, senza distinzione di razza. sesso, lingua o religione; salvaguardia
  della pace e della sicurezza nel mondo“. Hailé Sélassié (1892-1975): discorso all’ ONU, 6/10/1963. 
 “La bellezza della legge Glass-Steagall, dopotutto, è semplice: le
  banche non dovrebbero speculare con i depositi bancari garantiti dallo Stato.
  Anche un bambino di sei anni lo capirebbe…“. Luigi Zingales, A capitalism for the people, 2014. 
“Oggi il Congresso americano ha votato una legge che ringiovanirà le
  regole che hanno retto i servizi finanziari dalla Grande Depressione,
  rimpiazzandole con un sistema degno del XXI secolo… Questa storica legge
  permetterà alle imprese americane di partecipare pienamente alla nuova
  economia“. Lawrence Summer,
  Segretario del Tesoro americano, 12/11/1999. 
 “Siamo coscienti che l’adesione alla NATO di una Germania unificata
  solleva complesse questioni. Per noi, tuttavia, una cosa è certa: la nato non
  dovrebbe estendersi all’Est“. Hans-Dietrich
  Genscher, Ministro degli esteri tedesco, il 10/2/1990, a conferma di una
  promessa fatta alla Russia che la NATO non si sarebbe estesa all’Est. 
 “Penso che sia l’inizio di una nuova Guerra Fredda. Penso che i
  russi poco a poco reagiranno molto negativamente e ciò si ripercuoterà sulle
  loro politiche. Penso che sia un grave errore. Non c’era ragione perché ciò
  accadesse… Denota una flagrante mancanza di comprensione della storia russa e
  della storia sovietica. Certamente ci sarà una reazione negativa da parte
  della Russia e [i fautori dell'espansione NATO] diranno che vi avevano
  avvisato che i russi sono fatti così. – ma è semplicemente falso“. George F. Kennan, diplomatico
  americano, esperto della Russia (1998, dopo il voto del senato americano per
  l’espansione della Nato alla Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca. 
Un nuovo libro
  americano sostiene che gli uffici del presidente Clinton furono messi sotto
  ascolto a vantaggio del governo israeliano e del suo primo ministro
  Netanyahu. Il libro spiega anche come Netanyahu ha potuto servirsi delle registrazioni
  legate allo scandalo sessuale del presidente americano per persuaderlo a
  liberare la spia israeliana Jonthan Pollard, arrestato nel 1985 con l’accusa
  di spionaggio. In realtà, tutto indica che le attività israeliane di
  spionaggio siano una prassi abituale negli Stati Uniti e non solo. 
E’ comprensibile che l’americano medio non apprezzi l’idea di un
  Presidente americano e altri ministri del suo governo siano messi sotto
  ascolto e ricattati da parte di un paese straniero. A questo si aggiunge la recente
  scoperta che la CIA, che opera in stretto coordinamente con il Mossad
  israeliano, ha spiato i senatori americani, in violazione delle leggi e della
  costituzione americane. 
Tutto questo porta a considerare più attentamente certe decisioni prese
  dall’amministrazione Clinton, quindici anni fa, le cui conseguenze sono
  tutt’ora operanti. 
Ci sono tre grandi crisi in corso oggi le cui origini possono essere
  ricondotte ai suoi mandati (1992-2000), in particolare alle decisioni prese
  durante il secondo. La gente ha la tendenza a dimenticare questioni del
  genere, e preferisce concentrarsi sull’attualità. Spesso tuttavia ciò che
  succede sotto i nostri occhi si è preparato nel corso di diversi anni, per
  svilupparsi molto tempo dopo che gli iniziatori hanno abbandonato la scena
  politica. Quello che l’amministrazione Bush ha fatto e quello che fa oggi
  l’amministrazione Obama non sono che il seguito delle politiche implementate
  da Clinton. 
1)       
  La guerra del Kosovo e la marginalizzazione
  dell’ONU – 1999
 
Il caos che deriva dalle numerose guerre in corso oggi nel mondo, in
  violazione diretta della Carta delle Nazioni Unite, è dovuto in gran parte al
  precedente del Kosovo, invocato da Clinton per lanciare gli USA in una
  guerra “umanitaria” contro la Serbia. 
L’obiettivo delle Nazioni Unite è proclamato solennemente dal preambolo
  della Carta: “Noi, popoli della Nazioni
  Unite, decisi [...] a salvare le future generazioni dal flagello della guerra
  [...] e per tali fini [...] assicurare, mediante l’accettazione di
  principi e l’istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata,
  salvo che nell’interesse comune[...]“. 
Come Ban Ki-Moon ha ricordato, la Carta delle Nazioni Unite, sottoscritta
  da tutti i paesi membri, stabilisce che “l’utilizzo della forza è legale solo
  in caso di legittima difesa [contro un attacco armato] o con
  l’autorizzazione [ufficiale] del Consiglio di Sicurezza dell’ONU“.
  Si tratta di Diritto internazionale, e la Carta dell’ONU è la base stessa di
  questo diritto. 
Il capitolo VII della Carta vieta espressamente ogni guerra che non sia
  condotta per mantenere o ristabilire la pace internazionale (art 42) o per
  legittima difesa, sia individuale che collettiva (art 51). Non esistono
  eccezioni per guerre “preventive” e/o “umanitarie” o per qualunque altro tipo
  di guerra d’aggressione. 
Tuttavia, nel 1998 e 1999, il governo democratico di Clinton decise
  unilateralmente di intervenire nella guerra del Kosovo, senza un mandato
  esplicito del Consiglio di sicurezza, sostituendo per la prima volta la
  stretta legalità con l’argomento arbitrario ed extra-giudiziario della
  legittimazione politica per ragioni “umanitarie” e per la salvaguardia dei
  “diritti umani”. Ciò, senza nemmeno l’autorizzazione da parte del
  Congresso americano, dal momento che l’amministrazione Clinton ritenne che un
  ricorso alla NATO era sufficiente per giustificare l’intervento militare (in
  questo caso costituito da soli interventi aerei [con utilizzo di base e
  spazio aereo italiani, autorizzato dal governo d'Alema]). 
Quella del Kosovo è stata definita come “la prima guerra fondata su
  valori”, ed ha aperto il vaso di Pandora delle guerre facoltative, in
  opposizione al quadro giuridico internazionale della Carta. 
Da quell’intervento, che avallava l’intervento militare unilaterale per
  motivi umanitari, questo genere di guerra d’aggressione è diventata più una
  questione politica che legale, perché i grandi paesi [o meglio: l'unica grande
  potenza insieme ai suoi satelliti] possono decidere una guerra a seconda
  della loro specifica visione di “interesse nazionale”. In altre parole, il
  mondo è tornato a un’epoca antecedente al 1945, cioè prima della creazione
  dell’ONU, quando i paesi imperialisti potevano decidere di scatenare una
  guerra se stimavano loro interesse nazionale farlo. 
La decisione dell’amministrazione clintoniana di privilegiare la NATO a
  svantaggio della Carta, segna l’inizio della marginalizzazione dell’ONU come
  quadro di riferimento giuridico per impedire le guerre. Questa
  marginalizzazione ha reso il mondo, di fatto, meno sicuro. 
2)       
  L’abrogazione del Glass-Stegal Act,
  1999
 
Negli anni ’90 le più grandi banche americane lanciarono una costosa
  campagna pubblica (300 milioni di dollari) per l’abrogazione della legge
  bancaria in vigore dalla Grande Depressione degli anni ’30, conosciuta come
  Glass-Stegal Act. Questa importante legge del 1933 era il baluardo contro la
  speculazione finanziaria, perché impediva alle grandi banche di speculare con
  i depositi bancari assicurati dallo Stato. Più precisamente, rendeva illegale
  ogni collegamento tra banche d’affari – specializzate nella sottoscrizione
  speculativa di valori mobiliari – e banche commerciali autorizzate alla
  raccolta del risparmio. 
L’influente lobby dei banchieri americani, alcuni dei quali occupavano
  posti strategici nell’amministrazione Clinton (come Robert Rubin, già
  vice-presidente della Goldman Sachs e all’epoca Ministro delle finanze),
  sosteneva tuttavia che dai tempi della Grande Depressione le cose erano
  cambiate, e che i vincoli imposti dalla legge sulle loro attività impedivano
  la creazione e la vendita di nuovi prodotti finanziari, non solo negli Stati
  uniti ma in tutto il mondo, pregiudicando la loro competitività
  internazionale. 
All’inizio Clinton si mostrò riluttante all’idea di abolire una legge che
  per tanto tempo aveva efficacemente impedito il ripetersi di abusi bancari
  come quelli che si erano verificati prima della Grande depressione. Tuttavia
  enormi pressioni politiche, interne ed esterne, lo costrinsero alla fine a
  firmare l’atto che modificava quelle regole, il 12 novembre 1999, il
  Gramm-Leach Bliley Act. La nuova legge permetteva la fusione fra banche
  commerciali, banche d’affari, società mobiliari e compagnia d’assicurazione
  senza che la SEC (Security and Exchange Commission) o qualunque altro
  organismo di controllo avesse il potere di regolamentare i nuovi soggetti. 
Le super-banche e le grandi compagnie assicurative non persero tempo ad
  approfittare della nuova de-regolamentazione. Nuove strutture finanziare alla
  “Ponzi” apparvero come in passato, quale era logico attendersi. 
I nuovi giganti finanziari si presentarono
  con innovativi prodotti – i “derivati” – che alla lunga si sono
  rivelati altamente tossici e hanno scatenato la crisi finanziaria
  dei subprimes  del 2007-2008. 
Oggi sappiamo che quella crisi ha comportato perdite di reddito e
  patrimonio di svariati miliardi di dollari per le famiglie americane, e
  forzato il governo americano a sovvenzionare con centinaia di miliardi le
  super-banche per evitarne il fallimento. 
Il risultato è stato un enorme trasferimento di ricchezza dalla
  popolazione in generale al settore bancario, nonché l’indebolimento
  dell’economia americani per diversi anni a venire. 
3)       
  La violazione dell’impegno NATO 
Come la dichiarazione del ministro tedesco Genscher conferma, è
  comunemente ammesso che dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia,
  all’inizio degli anni ’90, e dopo la riunificazione tedesca, era inteso – se
  non altro in termini di impegno implicito – che la nato non avrebbe
  approfittato della nuova situazione per circondare militarmente la Russia
  allargandosi verso l’Est.  Per esempio, nel corso di un incontro tra il
  Segretario di stato James Baker e il Ministro degli esteri tedesco Genscher,
  il 10 febbraio 1990, i due convennero che non ci sarebbe stato alcun
  allargamento a Est della NATO. 
Era questo il convincimento di Mikhail Gorbatchev, ancora presidente
  dell’URSS, quando affermava di avere ricevuto l’assicurazione che la NATO non
  si sarebbe allargata verso l’Est “di un solo pollice”.  L’ambasciatore
  americano a Mosca dell’epoca, Jack Matlock, ha confermato pubblicamente che
   Mosca aveva ricevuto un “impegno chiaro” su questo punto. L’errore di
  Gorbatchev fu quello di prendere per buone le assicurazioni verbali dei
  politici occidentali anziché esigere un accordo più formale [o forse non era
  più politicamente in grado di esigerlo]. 
Rimane il fatto che gli impegni tennero qualche anno, fino a quando
  Clinton, in piena campagna elettorale, il 22 ottobre 1996 espresse l’auspicio
  di un allargamento della NATO alla Polonia, all’Ungheria e alla
  Cecoslovacchia.  E’ stato Clinton, quindi, che in cerca di un vantaggio
  elettorale pensò bene di disattendere gli impegni del suo predecessore. Il
  seguito è noto. L’alleanza militare NATO, da essenzialmente difensiva, è
  stata trasformata in offensiva, sotto ancor più stretto controllo americano.
  L’espansione all’Est non si è fermata con la Polonia, l’Ungheria e la
  Cecoslovacchia, ma incorpora ora paesi come l’Albania, la Croazia, la
  Lettonia e la Slovenia, spingendo la propria struttura militare sino ai
  confini con la Russia. 
I recenti tentativi di includere anche l’Ucraina non sono che il
  prosieguo di una politica aggressiva di espansione della Nato che mira a
  isolare la Russia. 
E’ stato dunque Clinton, senza dubbio sotto l’influenza dei neo-conservatori
  americani, a soffocare la speranza che molti avevano di vedere i paesi
  occidentali approfittare di un “dividendo di pace” quale si prospettava con
  la fine della Guerra fredda e della minaccia sovietica. 
Conclusione 
Il disordine planetario di questo primo scorcio di secolo, la crisi
  finanziaria 2007/2008 che ha devastato migliaia di persona [e quella
  economica conseguente, che sta tuttora devastando intere popolazioni e di cui
  ancora non si vede la fine], il ritorno inatteso della Guerra fredda: tre
  fenomeni del nostro tempo la cui origine risale alle miopi decisioni di breve
  periodo prese dal governo Clinton negli anni ’90. 
I mediocri governi americani di Bush e Obama non hanno fatto altro che
  spingere più avanti, peggiorandole, le politiche disastrose implementate
  all’inizio da quella amministrazione. Una realtà di cui gli storici dovranno
  tenere conto per capire la logica degli eventi che hanno portato al caos
  attuale. 
__________________ 
Rodrigue Tremblay è una
  personalità eclettica del panorama culturale canadese. Economista, umanista,
  politico, è professore emerito di economia all’Università di Montréal, autore
  di diversi saggi e articoli e titolare del blog The
  New American Empire [http://www.thenewamericanempire.com/italiano.htm]. 
Traduzione di
  Mauro Poggi 
12. 
Il "Grand Design" neocon americani: esso spiega le apparenti
  incoerenze e le gaffe di politica estera di Barack Obama. 
DEL Prof. Rodrigue TREMBLAY (professore emerito
  di Economia all’Università di Montreal) 
15 luglio 2014 
"Io credo nell'"
  eccezionalismo americano "con tutto il mio essere. Ma ciò che ci rende
  unici, non è tanto la nostra capacità di ignorare le norme internazionali e
  violare lo Stato di diritto; piuttosto è il nostro desiderio di affermarli
  attraverso le nostre azioni. " 
Il presidente Barack Obama
29 maggio 2014
  discorso di laurea presso l'Accademia Militare di West Point
 
"La guerra è la più tragica e la più
  stupida follia del genere umano; l'atto di incoraggiarla o causarla
  deliberatamente è un crimine efferato contro tutta l'umanità. "
 
Il presidente Dwight Eisenhower
Discorso
  di laurea presso l'Accademia Militare di West Point nel 1947 
"Politicamente parlando, il
  nazionalismo tribale ancora insiste che il suo popolo è circondato da"
  un mondo di nemici ", e che è una situazione di" uno contro tutti
  ", e che c'è una differenza fondamentale tra questa persone e tutti gli
  altri. Egli sostiene che la sua popolazione è unico, speciale, incompatibile
  con tutti gli altri, e lui nega persino la possibilità teorica che ci possa
  essere comune a tutta l'umanità prima di essere utilizzato, per distruggere
  l'umanità della diritti. " 
Hannah Arendt (1906-1975), Le origini del
  totalitarismo, 1951 
"Un impero è dispotismo, e un
  imperatore è un despota, soggetto ad alcuna legge o limitazione, ma solo per
  sua volontà; è una forma di tirannia che supera quella di una monarchia
  assoluta. Infatti, anche se la volontà di un monarca assoluto fanno legge,
  deve ancora essere approvato dai suoi dettami in Parlamento. Anche questa
  formalità non è richiesta nel caso di un impero. "
 
John Adams (1735-1826), 
Secondo
  presidente degli Stati Uniti
 
Sono solo io ad avvertire un certo disagio, ascoltando
  il discorso di Barack Obama, e la sensazione che abbiamo davanti a noi un attore
  che interpreta il ruolo di un presidente americano che legge attentamente il
  copione che lui era consegnato? Sempre più spesso, infatti, abbiamo la netta
  impressione che Barack Obama ha adottato la postura di un George W. Bush, ma
  questa volta, democratico. Chi scrive i suoi discorsi sembrano avere la
  stessa mentalità aggressiva rispetto a quelli che hanno scritto il discorso
  di George W. Bush e Dick Cheney, dodici anni fa. 
Questo probabilmente non è una
  coincidenza, perché neocons influenti ora occupano posizioni chiave
  nell'amministrazione delle posizioni di Barack Obama come è stato il caso
  sotto George W. Bush, poi hanno fatto tutto quanto in loro potere perchè gli
  Stati Uniti si impegnno in una guerra illegale contro l'Iraq, come anche
  cercato di spingere gli Stati Uniti in un confronto militare con l'Iran e
  come stanno ora cercando di provocare un conflitto militare con la Russia . E
  'un enigma capire come i neocon americani possono facilmente infiltrarsi
  negli amministrazioni statunitensi, sia repubblicani che democratici, e
  svolgere il ruolon di fomentatori disturbi! 
Conosciamo bene il "Grand
  Design" dei neo-conservatori americani. Esso mira essenzialmente a usare
  il potere militare degli Stati Uniti per rimodellare il Medio Oriente, negli
  interessi di Israele e dei suoi alleati. E i neocon sono stati abbastanza
  gentile di pubblicarlo. In effetti, si tratta di un piano che è stato
  sviluppato e presentato in molte relazioni, a partire dal famoso rapporto
  "Clean Break" del 1996 e quelli del Progetto per un Nuovo Secolo
  Americano.
(PNAC), un'organizzazione creata nel 1997, ed i cui fondatori sono
  diventati esponenti di spicco della Bush-Cheney. Nessuno può capire la
  politica estera degli Stati Uniti senza leggere queste relazioni.
I Neocons
  americani si presentano oggi sotto due nuovi steme o l'iniziativa politica
  estera (Foreign Policy Initiative) e la Fondazione per la Difesa delle
  Democrazie (Fondazione per la Difesa delle Democrazie). 
È importante sottolineare che i neocon
  sono riusciti negli ultimi anni, nonostante il clamoroso fallimento della
  loro politica di guerra contro l'Iraq, a diventare molto influente
  all'interno dell'amministrazione del presidente Barack Obama, in particolare
  il Dipartimento di Stato , dove sono stati protetti dalla ex Segretario
  Hillary Clinton. Questi neoconservatori e loro alleati politici,sono quelli
  che sono la principale forza intellettuale dietro la politica estera degli
  Stati Uniti, che ha provocato la disastrosa e incoerenti politiche americane
  in Medio Oriente come in Europa orientale, come quelle che sono state
  osservatae per una quindicina di anni. 
Sul suo volto, questo è un progetto che
  ha ben poco a che fare con gli interessi fondamentali degli americani comuni,
  e tutto a che fare con quelle di alcuni soggetti stranieri e nazionali, a
  cominciare con lo Stato di Israele a causa della sua grande influenza sulla
  politica interna degli Stati Uniti e lo stato sunnita dell'Arabia Saudita a
  causa del suo ruolo cruciale nella determinazione del prezzo internazionale del
  petrolio. 
E 'anche un progetto che si adatta molto
  bene con gli interessi del complesso militare-industriale americano, che deve
  contare su un ambiente di "guerre preventive" nel contesto di una
  guerra permanente per giustificare gli enormi bilanci annuali difesa. 
Il progetto neocon si basa sul vecchio
  principio del "divide et impera" (o in latino, "divide ut
  Realms" o "divide et impera"). Questo a volte è necessario per
  creare il caos politico in cui prevale la stabilità. Infatti, si sta creando
  il caos che neocon vogliono per raggiungere i loro obiettivi. In Medio
  Oriente, soffiano sul fuoco del conflitto settario tra i vecchi musulmani
  sunniti e sciiti, in modo da provocare la caduta di governi ostili e
  costringendo anche la disintegrazione di interi paesi, al fine di un migliore
  controllo e questo, quali che siano gli enormi costi umani derivanti per le
  popolazioni locali. 
Ad esempio, può sembrare assurdo per
  l'amministrazione Obama di armare e sostenere i gruppi ribelli islamisti
  fanatici in Siria contro il governo di Assad, poi combatterle con droni e
  marines quando si aventurano in Iraq. Tuttavia, questa politica bizzarra
  sembra abbastanza razionale agli occhi dei neocon, se incoraggiano sunniti e
  sciiti ad uccidirsi a vicenda e il paese dell'Iraq è frammentato in più
  parti. Ecco perché io uso il termine "incongruenza apparente" nel
  titolo di questo testo, perché ovviamente quello che è inconsistente dal
  punto di vista americano,non lo è del punto di vista neocon . 
In Europa, i neocon hanno convinto il presidente
  Obama piuttosto ingenuo di far rivivere la vecchia guerra fredda con la
  Russia, per sfruttare la relativa debolezza di quest'ultimo paese. Tali
  tensioni causato artificialmente hanno consentito agli Stati Uniti di
  consolidare la loro influenza sull'Unione europea (UE) e facilitare la
  trasformazione di un estesa alleanza militare sotto il controllo degli Stati
  Uniti rendendo piu facile il riorientamento della NATO allargata e recentrata
  come una alleanza 'offensiva, in modo da bypassare le richiesta dellle
  Nazioni Unite, e per giustificare l'intervento militare degli Stati Uniti
  all'estero. 
Tuttavia, questo è perché la strategia
  dei neo-conservatore è spesso in conflitto con gli interessi economici e
  politici degli Stati Uniti fondamentali, sia all'interno che all'estero, il
  progetto neoconservatore di portare successive guerre in Medio Oriente ed
  Europa dell'Est fa apparire la politica estera di Obama in modo incoerente e
  così contraddittoria. Elaboriamo un po 'su quest'ultimo punto. 
1 - In primo luogo, considerare la
  situazione caotica prevalente attualmente in Siria, Libia e Iraq. Grazie
  all'azione delle milizie islamiche armate e ben supportati dall'esterno,
  questi paesi sono devastati dalla guerra civile, che può facilmente portareli
  alla disintegrazione politica e al declino economico. 
Ma chi beneficia di un tale disordine in
  questa parte del mondo, ricco di petrolio? Certamente non i lavoratori ei
  consumatori americani che devono pagare alla pompa prezzi gonfiati della
  benzina e le tasse elevate per finanziare tutte queste guerre. Gli interessi
  economici delle grandi compagnie petrolifere americane attive nella regione
  possono anche essere minacciati. 
Tuttavia, oer i neocon americani, un tale
  caos permanente è di natura a rallegrarli perché è probabile che serve alcuni
  degli loro nteressi geopolitici, soprattutto quelli di Israele, il cui
  vantaggio geopolitico ammesso è quello di indebolire gli stati islamici
  confinanti e addirittura di spezzarli in entità più piccole. E 'la stessa
  Arabia Saudita sunnita a beneficiare di prezzi più alti per il suo olio e che
  vede di un buon occhio l' indebolimento degli stati sciita loro concorrenti
  in Medio Oriente (Iran, Iraq e il loro alleato la Siria). 
Infatti, i prezzi gonfiati per il
  petrolio sono una delle cause della stagnazione economica sulla attualmente
  prevalente negli Stati Uniti e in Europa, mentre la possibilità che le
  milizie islamiche possono attaccare e prendere il controllo dei giacimenti
  petroliferi in questi paesi va contro gli interessi delle compagnie
  petrolifere americane. 
Questo spiega in parte perché
  l'amministrazione Obama deve fare i conti con esigenze contrastanti fatte da
  vari interessi politici ed economici, e diventa sempre più difficile
  soddisfare tutti, anche se è una marcata tendenza del presidente Obama a
  prestarsi a un tale esercizio.
Da qui, le evidenti incongruenze e
  contraddizioni nella sua politica estera. 
A volte Barack Obama agisce come se ha
  approvato la strategia machiavellica deineocon americani di destabilizzare la
  maggiore parte dei paesi musulmani del Medio Oriente a favore di Israele e
  dell'Arabia Saudita. Basti considerare tutto il sostegno finanziario e
  militare che il governo americano ha fornito a organizzazioni terroristiche
  al fine di provocare "cambio di regime" in Iraq, in Siria, e come
  ha fatto anche in Libia . 
Ricordiamo che lo scorso settembre, il
  presidente americano Barack Obama si era comformato alle raccomandazione dei
  suoi consiglieri neocon e ha deciso di bombardare il paese della Siria, il
  governo di Assad che è stato considerato troppo vicino al Iran prima di
  rendersi conto che tutta la cabala di giustificazioni per una tale
  operazione, del tutto illegale, era una operazione sotto falsa bandiera,
  cioè, un inganno 
A volte, anche i costi economici di una
  tale politica di instabilità provocate sono considerati troppo alti e un
  timido Obama, per il dispiacere dei suoi consiglieri neocon riluttanti ad
  attuare pienamente il piano malvagio di quest'ultimi. Il presidente Obama
  diventa il bersagliodei media neocon negli Stati Uniti, che lo presentano
  alora come un personnagio debole", inesperto ed esitante,il che
  ovviamente contribuisce alla sua impopolarità crescente. 
2 - In secondo luogo, considerare ora la
  nuova guerra fredda che i neocon sono riusciti a far rivivere in Europa. E
  'ancora affascinante vedere i neocons cercare di tornare un quarto di secolo
  indietro e riprendere la loro campagna contro la Russia con la loro politica
  di accerchiamento geopolitico e militare di quest'ultimo paese, circondendolo
  di missile e spingendo i suoi vicini al confronto. Questo è il risultato
  degli investimenti che sono stati fatto dagli Stati Uniti per attuare la
  politica neocon di "cambio di regime" in Ucraina, ruescendo con la
  forza un governo legittimamente eletto e questo, pochi mesi prima delle
  elezioni generali. La democrazia svanisce quando gli interessi geopolitici
  entrano in giocco 
Chi quindi chi sono i beneficiare di
  questi rinnovate tensioni e caos orchestrati? Certamente non l'ordinario
  americano o europeo. Tutti questi problemi possono solo danneggiare la salute
  economica del America ed Europa. Le principali profittatori sono piuttosto i
  costruttori dell'impero e trafficanti di armi, e tutti coloro che amano
  pescare nel torbido. 
Conclusione 
E 'deplorevole che il presidente Barack
  Obama non e' stato in grado di fare la propria politica estera degli Stati
  Uniti con coerenza e credibilità di principi i e obiettivi chiari, e dovette
  fare affidamento sulle stessi neocons screditati dell'era Bush-Cheney per
  loro consigli. Pertanto, egli stesso e il suo governo si sono messi al
  servizio di influenze diverse e contrastanti, che le spingono a volte in una
  direzione, ora in un'altra direzione. Questo si chiama una mancanza di
  visione e di una mancanza di leadership. 
Forse non è troppo tardi per il
  presidente Barack Obama per riprendere le cose in mano, durante il secondo
  mandato, e cessa di emulare George W. Bush e Dick Cheney e la loro visione
  egemonica rovinosa. L'ultima cosa di cui il mondo ha bisogno oggi è una terza
  guerra mondiale. 
Per questo, però, dovrebbe espellere tutti i neo-conservatori che sono
  saliti a posizioni di potere e di processo decisionale nel suo governo. Se
  lui non ha il coraggio di farlo, lasciara il segno di uno dei peggiori
  presidenti americani, su un piano di parità in questo con George W. Bush. 
_________________________________________________________ 
Rodrigue
  Tremblay è professore emerito di economia alla University of Montreal, può essere
  contattato all’indirizzo rodrigue.tremblay@yahoo.com. 
Visitate il suo blog www.thenewamericanempire.com/blog e
  il suo sito : 
E’ autore del libro 'The New American Empire'. 
Potete avere informazioni sul suo prossimo libro, “The Code for Global
  Ethics” sul sito www.TheCodeForGlobalEthics.com/ 
(in francese) 
_____________________________________ 
(Traduzione di Michel
  Ulisiad 
11. 
6 febbraio 2011 
L’IDOLATRIA DEL FUCILE NELLA CULTURA AMERICANA D’OGGI 
DEL PROF. RODRIGUE TREMBLAY (professore emerito di Economia
  all’Università di Montreal) 
Postato il Sabato, 05 febbraio 2011 
“Nel tempo
  dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!” 
George Orwell 
“Sosteniamo la
  causa di un’America libera dalla violenza armata, dove tutti gli americani
  vivono sicuri nelle loro case, a scuola, al lavoro e nelle nostre comunità.
  Come Brady Campaign lavoriamo per far promulgare ed entrare in vigore leggi,
  regolamenti e politiche pubbliche sulle armi attraverso un attivismo che
  parte dal popolo, sostenendo l’elezione di pubblici ufficiali che siano a
  favore di leggi contro le armi, e incoraggiando la pubblica consapevolezza
  della violenza armata”. 
Missione ufficiale del Brady Center per la Prevenzione
  della Violenza Armata[1]. 
Possiamo davvero affermare che il motto dell’attuale
  generazione americana è “In Guns We Trust” ? Questa è sicuramente
  l’impressione che si ha se prendiamo in considerazione gli ultimi
  avvenimenti. 
Attualmente in America c’è una ossessione poco sana per
  le armi, una forma di idolatria delle stesse come strumento utile per
  appianare le differenze tra individui. Sembra che, in modo crescente, ogni
  qualvolta un individuo si sente mancato di rispetto la reazione sia spesso
  quella di affidarsi alle armi per sistemare le cose. Le prove di spaventosi
  incidenti legati all’impiego di armi sembrano moltiplicarsi e accadere su
  base giornaliera nell’attuale clima culturale americano. Un dipendente
  scontento esce dal lavoro; va a casa, irrequieto, prende il fucile
  e torna in azienda per mettere a segno il suo piano: uccidere delle persone
  in una sparatoria scatenata. Uno
  squilibrato estremista politico manifesta contro un candidato che
  viene comunque eletto; l’estremista, deluso, imbraccia il fucile che si è
  procurato senza fatica, spara al politico e uccide un’altra mezza dozzina di
  persone. Un fervido
  fanatico religioso si mette in testa che in qualche modo la sua
  religione e i suoi adepti non sono ben visti: imbraccia il suo fucile e apre
  il fuoco a caso contro tutti quelli che gli si trovano attorno. Studenti
  frustrati che prendono dei brutti voti a scuola o che vengono
  emarginati dai compagni tornano a casa, prendono i fucili dei loro genitori e
  ammazzano gli insegnanti e qualche compagno. 
Ci sono anche dei ragazzini disturbati di dieci anni
  che ricorrono alle armi perché sono stati sgridati dai genitori. Le armi le
  tengono ben nascoste nelle loro stanze e le puntano contro la madre o il
  padre. Molto lontano dal comandamento ‘Onora il padre e la madre’. 
Sembrerebbe quasi che ci sia una crisi omicida da arma
  da fuoco negli Stati Uniti, ma l’idea che ci sia bisogno delle armi nella
  vita quotidiana di ogni individuo è così ben radicata e diffusa da
  determinare il persistere di uno stato di negazione collettiva. Duecento anni
  fa la maggior parte della popolazione viveva nelle fattorie. E’ comprensibile
  come i fucili fossero allora una necessità, sia per la caccia sia per
  finalità di protezione del singolo all’interno di un ambiente ancora
  selvaggio e relativamente poco regolamentato. Al giorno d’oggi, la gran parte
  delle persone vive in aree urbane sviluppate dove la caccia non è permessa. A
  che cosa si ricollega quindi questo bisogno di armi da fuoco, se non a quello
  di sparare alla gente? 
C’è naturalmente il mito persistente che gli americani
  hanno il ‘diritto’ di accumulare grosse quantità di armi e di utilizzarle. E
  anche questa cosa sembra un retaggio dei tempi passati in cui la giovane
  repubblica americana era minacciata dai suoi precedenti padroni inglesi e
  correva il rischio di perdere l’indipendenza appena acquisita a seguito di
  un’invasione britannica. In quell’epoca era diffusamente percepita la
  necessità di poter creare rapidamente una milizia in grado di difendere il
  territorio, e i contadini armati avrebbero potuto assolverla. Questa è
  l’interpretazione logica che può essere data al Secondo Emendamento
  della Costituzione americana del 1789, il quale recita: “Essendo necessaria
  alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto
  dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”. 
L’implicazione più logica è che si possa prendere
  qualche necessaria precauzione per difendere lo stato con una milizia armata
  ‘ben organizzata’, in un’epoca nella quale il governo federale americano era
  percepito come debole e incapace di allestire una risposta militare federale
  a un’invasione esterna o a una rivolta armata interna, e questo non dovrebbe
  impedire agli stati di creare gruppi armati per mantenere l’ordine. Questo
  era il clima costituzionale del tempo. – Le disposizioni della Costituzione
  americana non erano strutturate per essere una licenza aperta a tutti gli
  individui di armarsi, di ricorrere alle armi a loro piacimento e di
  costituire a piacimento una milizia singola ‘non regolata’. 
Un’interpretazione così estensiva e stravagante in un
  contesto urbano moderno costituirebbe sicuramente la ricetta per l’anarchia
  politica e sociale. Inoltre, nei nostri giorni, il governo federale americano
  ha il pieno controllo della potente organizzazione militare americana e non
  ha nessun bisogno di milizie private per difendere il territorio. Oggigiorno
  poi le guardie di
  stato nazionali hanno di fatto preso il posto che le milizie
  private dell’ultim’ora avrebbero potuto occupare in passato. Oggi non c’è
  nessun bisogno di avere un esercito privato disponibile all’occorrenza per la
  difesa del territorio. 
Ciononostante, alcuni giudici delle
  corti americane hanno stabilito, supportati in questo da alcuni
  politici, che il diritto vecchio di cent’anni di formare delle
  milizie ‘ben organizzate’ e di portare armi per difendere il territorio
  significa davvero che chiunque, nell’attuale sistema,è titolare di un diritto
  individuale assoluto di possedere armi pericolose nella misura e della
  qualità che vuole, comprese sofisticate armi d’aggressione, e di utilizzarle,
  senza che alcun governo elettivo possa interferire. 
La pronuncia più recente sull’argomento è stata resa
  nel giudizio Parker contro
  il District of Columbia, nel quale lo scorso 9 marzo 2007 la Corte
  d’Appello del Distretto di Columbia si è pronunciata nel senso di ritenere
  che il divieto imposto dal District of Columbia di detenere armi a mano senza
  una licenza sia in contrasto con i diritti stabiliti dal Secondo Emendamento
  della Costituzione americana. Ecco come stanno le cose…e il massacro
  continua. 
Quante tragedie dovranno ancora accadere prima che la
  mentalità cambi? 
Rodrigue Tremblay è
  professore emerito di economia alla University of Montreal, può essere
  contattato all’indirizzo rodrigue.tremblay@yahoo.com.
  Visitate il suo blog www.thenewamericanempire.com/blog e
  il suo sito www.thenewamericanempire.com/ : E’
  autore del libro 'The New American Empire' . Potete avere informazioni sul
  suo prossimo libro, “The Code for Global Ethics” sul sito www.TheCodeForGlobalEthics.com/ 
(in
  francese) 
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Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! 
10. 
La politica FED di creazione dell’inflazione: un massiccio trasferimento
  di ricchezza 
di Rodrigue Tremblay - 01/03/2011 
Fonte: eurasia [scheda fonte] 
“Se [la
  gente] presterà poca attenzione agli affari pubblici una volta, io e voi, il
  Congresso e le Assemblee, i giudici ed i Governatori, diventeremo tutti lupi.
  Sembra essere la legge della nostra natura, nonostante le eccezioni
  individuali.” Thomas Jefferson (1743-1826), Terzo Presidente degli
  Stati Uniti. 
“Se il popolo
  americano permetterà alle banche private di controllare l’emissione della sua
  valuta, prima con l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le
  corporazioni che gli cresceranno intorno priveranno il popolo di tutte le sue
  proprietà, finché i suoi figli si sveglieranno senza casa sul continente che
  hanno conquistato i loro padri.” Thomas Jefferson (1743-1826), Terzo Presidente degli
  Stati Uniti 
[La corruzione nelle alte sfere seguirebbe dal momento che] “tutta la ricchezza è racchiusa in poche
  mani, la Repubblica è distrutta.” Abraham Lincoln (1809-1865), sedicesimo
  Presidente degli Stati Uniti 
“Quando la
  rapina diventa lo stile di vita per un gruppo di uomini che vivono insieme
  all’interno di una società, col passare del tempo, essi creeranno un sistema
  legale che la autorizzi ed un codice morale che la glorifichi.” Frederic
  Bastiat (1801-1850), economista francese 
“L’inflazione
  qui negli Stati Uniti è molto, molto bassa.” Ben
  Bernanke, Presidente della FED, Giovedì 10 Febbraio 2011 
Iniziamo con qualche indicatore di riferimento macroeconomico. 
Nell’Ottobre 2010, il valore mondiale della produzione totale (tutti i
  Prodotti Interni Lordi o PIL) è stato stimato in 61.96 trilioni di dollari al
  valore nominale corrente. Il PIL degli Stati Uniti è stato stimato a 16.11
  trilioni di dollari, ovvero il 26% del PIL mondiale. 
I due maggiori mercati finanziari in termini di valori di cambio sono il
  mercato globale di cambio estero (mercati in tutte le valute), che ha un
  volume d’affari giornaliero medio in cambi di transazioni globali estere di 4
  trilioni di dollari al giorno, ed il mercato mondiale dei derivati, per lo
  più deregolamentato e con scambi in base a trattative private (tutti i
  mercati dei derivati) i cui eccezionali contratti sono stati stimati, dalla
  Banca dei Regolamenti Internazionali in Svizzera, avere complessivamente a
  livello mondiale un valore nozionale o nominale di circa 791 trilioni di
  dollari nel 2010. [ 
In termini di ricchezza reale, comunque, i due mercati finanziari più
  importanti sono il Mercato Mondiale delle Obbligazioni ed il Mercato Mondiale delle Azioni. Nel 2009 ad
  esempio, il mercato globale delle obbligazioni ha avuto l’eccezionale valore
  di 91 trilioni di dollari americani, assieme al mercato U.S.A. delle
  obbligazioni, del valore di 35.5 trilioni di dollari americani, diventando il
  più grande mercato interno di obbligazioni. – A metà del 2010, la
  capitalizzazione del mercato globale delle partecipazioni sugli scambi
  regolati è stata stimata in 54.9 trilioni di dollari, con il mercato
  azionario degli U.S.A. del valore di 19.8 trilioni di dollari americani. 
Con una tale quantità di beni finanziari, è comprensibile che i
  cambiamenti nei prezzi ed i tassi di interesse abbiano effetti importanti su
  ogni mercato. Se i tassi d’interesse a lungo termine salgono, il valore
  nominale delle obbligazioni scende, e al contrario, quando i tassi
  d’interesse sono in ribasso, il prezzo delle obbligazioni sale. Per quanto
  riguarda le azioni, molti fattori, come i rendimenti della compagnia, le
  prospettive di profitti futuri e le previsioni dell’inflazione, così come le
  considerazioni politiche e di tassazione, possono influenzare il loro valore.
  In generale, comunque, tendono ad andare meglio quando i tassi d’interesse a
  breve termine sono bassi piuttosto che alti. 
Qualche volta questi due importanti mercati finanziari si muovono
  insieme, specialmente in una condizione di disinflazione generale, quando i
  tassi di interesse tendono a diminuire. Tendono a scendere contemporaneamente
  quando i tassi di interesse reali salgono, quindi i prezzi delle obbligazioni
  e delle azioni crollano. 
A volte comunque, possono muoversi in direzioni diverse, specialmente
  durante la fase iniziale di un periodo inflazionistico, essendo questa
  inaspettata inflazione positiva per il mercato delle azioni ma negativa per
  il mercato delle obbligazioni. E’ stato il caso dell’autunno passato, con il
  mercato delle obbligazioni in caduta e il mercato delle azioni in salita. La
  domanda è quanto questo sdoppiamento possa durare. 
Come può inserirsi in una simile condizione di inflazione imminente, la
  politica monetaria della FED, e cosa dovrebbe fare? 
Lo scorso 3 novembre, il giorno dopo le elezioni di medio termine del
  2010, la Fed di Bernanke ha annunciato che si sarebbe imbarcata in un secondo
  turno di alleggerimento quantitativo (QE2) una parola sofisticata che significa
  stampare nuova moneta in cambio di obbligazioni governative – in altre
  parole, monetizzare il debito pubblico. Sembra che il Presidente Bernanke ed
  il consiglio di amministrazione della FED abbiano sentito che mesi di
  prestiti di trilioni di dollari alle maggiori banche americane a tasso
  d’interesse quasi zero, pagando lo 0.25% per tenere le loro riserve in
  eccesso sui suoi libri, non fosse abbastanza. Hanno annunciato che la Fed
  avrebbe acquistato obbligazioni del Tesoro del valore di 600 miliardi di
  dollari fino a giugno 2011, reinvestendo circa 300 miliardi dei principali
  pagamenti dal proprio portfolio azionario di titoli garantiti da prestiti
  ipotecari. 
Facendo questo, la Fed ha dichiarato di seguire due obiettivi in qualche
  modo correlati; 1- abbassare i tassi d’interesse reali così da stimolare
  l’attività economica e creare impiego; e 2- aumentare contemporaneamente le
  aspettative sull’inflazione per poter evitare gli effetti della deflazione
  sul rapporto di indebitamento degli USA. 
Si dovrebbe ricordare che dal 1913 al 1977, la Fed ha avuto un solo
  obiettivo da raggiungere, cioè la stabilità dei prezzi. Al momento, comunque,
  la Fed ha ufficialmente un mandato doppio. Difatti, dal 1977, la rettifica al
  Federal Reserve Act del 1913 stipula che la
  banca centrale americana deve determinare la sua politica monetaria in modo
  da promuovere l’occupazione mantenendo la stabilità dei prezzi. Riporta che
  la Fed deve promuovere “la massima occupazione, prezzi stabili, e modesti
  tassi d’interesse a lungo termine.” 
Di certo, una banca centrale in un sistema monetario a corso legale può
  sempre creare inflazione attraverso una politica monetaria e la stampa di
  banconote ma, in un’economia di mercato, questo ha poca influenza nella
  creazione di posti di lavoro e sui tassi d’interesse a lungo termine.
  L’occupazione dipende dagli investimenti, dall’innovazione e dalle
  opportunità di mercato nazionali ed estere, mentre i tassi d’interesse a
  lungo termine dipendono dall’aumento dei risparmi disponibili, dalle offerte
  di investimento e dalle aspettative d’inflazione a lungo termine, tutti
  fattori che sono più o meno fuori dalla portata della banca centrale. E’
  facile illudersi pensando l’opposto, ma la realtà è questa. 
Ciò che la Fed può certamente fare, comunque, è creare inflazione
  espandendo la base monetaria e la scorta di denaro; può
  anche imperare nell’inflazione drenando liquidità dal sistema. Se si esagera
  per un verso o per l’altro, si possono anche creare bolle speculative mantenendo i tassi
  prefissati d’interesse a breve termine troppo bassi troppo a lungo, oppure si
  può creare una stretta del credito frenando troppo
  sulla creazione di credito, solitamente nella fretta di correggere l’errore
  precedente. 
Questi movimenti della politica monetaria a breve termine sono molto
  destabilizzanti per l’economia reale, a volte creano un boom temporaneo; a
  volte un ribasso economico. Sono anche accompagnati da ingenti trasferimenti
  di ricchezza tra creditori e debitori. 
Innanzitutto, quando la Fed (o qualunque banca centrale se è per questo)
  crea troppo denaro comprando beni finanziari e scrivendosi assegni, ne
  derivano inflazione e aspettative di inflazione. Questo abbassa i tassi di
  interesse a breve termine e alza quelli a lungo termine (innalzarsi della
  curva di rendimento) [ http://en.wikipedia.org/wiki/Yield_curve ] ed il
  prezzo dei buoni del Tesoro trentennali scende, con l’effetto di imporre una
  tassa d’inflazione [http://en.wikipedia.org/wiki/Inflation_tax ] su di tutti
  i titolari di moneta legale. Questa tassa d’inflazione porta ad un
  trasferimento di benessere tra ignari possessori di dollari e obbligazionisti
  che vedono il valore reale dei pacchetti scendere, mentre i debitori e gli
  azionisti vedono il peso del loro debito venire ridotto dall’inflazione e
  salire il valore della maggioranza delle azioni nel mercato. 
In secondo luogo, può accadere il contrario se l’economia è affamata di
  liquidità: la curva di rendita si inverte con tassi d’interesse a breve
  scadenza, in salita in confronto ai tassi d’interesse a lungo termine.
  Generalmente ne conseguono il crollo del mercato azionistico e una recessione
  economica. 
-      
  Questo è più o meno ciò che la Fed ha fatto nei suoi quasi 100 anni di
  esistenza, mantenendo i tassi d’interesse a breve termine troppo bassi per
  troppo a lungo, creando insostenibili bolle speculative, e poi applicando i
  freni monetari per eliminare le previsioni d’inflazione che ha creato da sé.
  A volte, la Fed ha mantenuto la stabilità dei prezzi ed il valore del dollaro
  americano; ma altre volte, ha volontariamente agito per distruggere il potere
  di acquisto del dollaro, stampandone troppo. 
-      
    
Come principio generale, se le aspettative d’inflazione crescono più
  velocemente dei tassi d’interesse nominali a lungo termine, i tassi
  d’interesse reali, cioè il costo reale del capitale per gli investitori ed i
  compratori di immobili, dovrebbero diminuire e, si spera, stimolare
  l’attività economica e l’occupazione. 
Sfortunatamente per la Fed, l’annuncio fatto il 3 novembre si è tradotto
  in un’importante perdita di fiducia nella sua abilità di escogitare e
  perseguire una politica monetaria appropriata, ed è stata immediatamente
  screditata dalle altre banche centrali e dal più grande creditore
  dell’America, la Cina, come uno sfacciato tentativo di creare ed esportare
  inflazione. Il prezzo delle obbligazioni ha iniziato immediatamente a
  crollare e quello delle rendite delle obbligazioni a crescere. Sembra che gli
  obbligazionisti abbiano iniziato a vendere i buoni del Tesoro a lunga
  scadenza ad a ritmo più veloce di quanto la Fed potesse comprare. 
Il presidente Ben Benanke ed il suo consiglio d’amministrazione sembrano
  aver dimenticato che gli U,.S.A. ora sono una nazione debitrice non una creditrice.
  Una nazione creditrice potrebbe cavarsela con un’esplicita politica di
  creazione d’inflazione – ma non una nazione debitrice. Soltanto nel 2010, gli
  U.S.A. hanno registrato mezzo trilione di dollari di deficit negli scambi con
  il resto del mondo. Questo dev’essere finanziato, ed è fatto con i prestiti
  stranieri. Per estensione, i creditori stranieri decidono il risultato finale
  della politica monetaria americana. 
La rendita decennale del Tesoro che ha raggiunto il minimo del 2.40%
  nell’ottobre 2010, era al 2.63% il giorno prima dell’annuncio della Fed del 2
  novembre 2010. Alla fine, venerdì 11 febbraio ha chiuso al 3.64%, dopo aver
  raggiunto un picco del 3.75% l’8 febbraio. Lo stesso vale per la rendita
  trentennale del Tesoro che ha raggiunto il picco del 4.76% l’8 febbraio,
  avvicinandosi così alla pericolosa soglia del 4.90%. Quest’ultimo era al
  3.93% il 2 novembre 2010. 
Ovviamente, la politica monetaria ultra liberale della Fed è stata
  controproducente. L’intenzionale politica di stampare soldi in eccesso
  rispetto alle richieste dell’economia è risultata in un aumento dei tassi
  d’interesse a lungo termine, non nel loro abbassamento. Infatti, con i tassi
  nominali a lungo termine in salita mentre l’inflazione avrà bisogno di molti
  mesi per rialzarsi, l’effetto immediato dell’annuncio di novembre della Fed è
  stato l’aumento dei tassi d’interesse reali a lungo termine del Tesoro, non
  il loro abbassamento. Le rate dei mutui si sono alzate minacciando di
  posticipare il tanto atteso recupero del mercato immobiliare. 
-      
  E’ di certo possibile che si stia entrando in un periodo in cui il già
  osservato rialzo dei tassi d’interesse reali può far deragliare il rialzo del
  mercato azionario che prosegue dagli inizi di marzo 2009. In seguito
  comunque, ci si può aspettare un rallentamento dell’economia, che insieme
  alle riduzioni fiscali, faccia ribassare i tassi a lungo termine. Queste
  montagne russe non sono vantaggiose per i tassi d’interesse. 
-      
    
L’attuale consiglio d’amministrazione della Fed sembra credere che questa
  sia più di una banca centrale, che sia una sorta di governo interno che può
  allo stesso tempo controllare le condizioni monetarie e risolvere i problemi
  strutturali nell’economia reale, senza rispetto per ciò che pensa il resto
  del mondo. Questo sembra essere meno realistico. Forse una dose d’umiltà
  sarebbe salutare questa volta, prima che vengano fatti danni irreparabili. 
(Traduzione di Valentina Bonvini) 
Fonte: www.globalresearch.ca/ 
·     
  Rodrigue Tremblay è professore emerito di Economia all’Università di
  Montreal. 
Rodrigue Tremblay è
  professore emerito di economia alla University of Montreal, può essere
  contattato all’indirizzo rodrigue.tremblay@yahoo.com.
  Visitate il suo blog www.thenewamericanempire.com/blog e
  il suo sito www.thenewamericanempire.com/ : E’
  autore del libro 'The New American Empire' . Potete avere informazioni sul
  suo prossimo libro, “The Code for Global Ethics” sul sito www.TheCodeForGlobalEthics.com/ 
(in francese) 
Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it 
9. 
10 giu 2008 ... Potete avere informazioni sul suo prossimo libro, “The Code for Global Ethics” sul sito
  www.TheCodeForGlobalEthics.com/ ... 
www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=19628 
L'economia va di bolla in bolla con una mentalità da casinò 
di Rodrigue Tremblay - 10/06/2008 
“La strategia
  Usa dovrebbe avere come scopo, sopra ogni altra cosa, la rimozione dal potere
  del regime di Saddam Hussein”.... [La sua rimozione è assolutamente vitale
  per] “la sicurezza del mondo nella prima parte del ventunesimo secolo” e per
  “la sicurezza delle truppe americane nella regione, dei nostri amici e
  alleati come Israele e i paesi arabi moderati, e di una porzione
  significativa delle riserve mondiali di petrolio”. 
Lettera del 26 gennaio 1998, indirizzata al presidente Bill Clinton dai
  neoconservatori. 
[Sugli iracheni] “Se accenderanno
  il loro radar faremo esplodere i loro fottuti missili. Loro sanno che siamo
  padroni del loro paese. Possediamo il loro spazio aereo... Noi dettiamo come
  devono vivere e parlare. Ed è questo che è fantastico per quel che riguarda
  l'America ora. È una buona cosa, specialmente dato che c'è un sacco di
  petrolio laggiù di cui abbiamo bisogno”. 
Generale di brigata aerea Usa William Looney, comandante delle operazioni
  di volo americane e britanniche a sud del trentaduesimo parallelo sull'Iraq
  (no-fly zones), intervista pubblicata dallo Washington Post, il 30 agosto 1999 [citata nel libro di William
  Blum Rogue State, Common Courage
  Press, 2005, p. 159]. 
“Focalizzate
  le vostre operazioni sul petrolio, specialmente in Iraq e nel Golfo, dato che
  questo significherebbe la morte [dell'Occidente]” . 
Osama bin Laden, dicembre 2004 
“Gli alti
  prezzi del greggio non hanno alcuna relazione con la produzione o il
  consumo”... [Sono dovuti] “alla perdita di valore del dollaro” . 
Mahmoud Ahmadinejad, presidente dell'Iran, aprile 2008. 
L'economia americana sembra andare di bolla in bolla: nel 2000 c'era la
  bolla tecnologica; nel 2005 c'è stata la bolla immobiliare; ed oggi c'è la
  bolla del petrolio e dei beni. Di fatto l'intero mondo degli investimenti è
  oggi un gigantesco casinò dove comandano gli speculatori e i governi guardano
  dall'altra parte. Per molte materie prime commerciabili di base (riso, grano
  e mais) e beni (petrolio, gas, metalli), i prezzi non hanno alcuna relazione
  con il valore intrinseco di quanto viene commerciato. Tali prezzi sono in
  gran parte guidati da cattive politiche e dalla tecnica piramidale detta del
  “più folle” per cui i grandi speculatori off-shore navigano tramite i
  derivati non regolamentati per spingere sempre più in alto i prezzi sino a che
  la bolla non esplode. Nel frattempo possono venire create enormi distruzioni
  e le vite delle persone messe in pericolo o perse. L'attuale carestia in
  molti paesi è il risultato finale di tali manipolazioni del mercato approvate
  dai governi, dall'Opec e da un pugno di altri cartelli e di cosiddetti hedge
  fund speculativi. 
E possibile che un'economia cresca e prosperi senza essere sempre sulle
  montagne russe? Di fatto, l'attuale esplosione del prezzo dei beni e del
  petrolio riflette reali spostamenti di domanda e offerta, come distruzioni
  delle forniture, o è anche, o persino soprattutto, guidata da fattori
  geopolitici e speculazioni finanziarie che alimentano una sempre più grande e
  insaziabile domanda artificiale? 
È mia sensazione che il crollo del dollaro Usa sta avendo conseguenze
  economiche serie e non volute in tutto il mondo. Infatti una tale
  svalutazione da panico della valuta chiave più usata sta alimentando un
  enorme corsa di allontanamento dai depositi in dollari verso beni più solidi,
  come il petrolio, l'oro e altri beni. Banche centrali, aziende e individui
  stanno perdendo fiducia nel dollaro cartaceo, che si è andato deprezzandosi
  velocemente contro altre valute, ma il cui valore intrinseco ci si aspetta
  venga ulteriormente eroso dall'inflazione in arrivo che seguirà
  inevitabilmente l'attuale creazione di liquidità voluta dalla Fed. Tutti
  questi problemi sono interconnessi. 
Ricordiamoci che il problema petrolifero negli Usa è largamente
  auto-inflitto dal momento che il governo Usa ha preferito allontanarsi da
  un'economia basata sull'autosufficienza e l'energia rinnovabile. Nel 1982,
  per esempio, il consumo giornaliero di petrolio negli Usa era stato abbattuto
  sino 9 milioni di barili al giorno, dai 14 milioni di barili al giorno
  precedenti allo shock petrolifero iniziato dall'Opec nel 1973. Dal momento
  che gli Usa stavano producendo circa 9 milioni di barili al giorno si può
  dire che l'economia americana allora era autosufficiente per quella forma di
  bisogno energetico. L'amministrazione Reagan cambiò tutto ciò: non più limiti
  di velocità a 55 miglia orarie; riduzione degli obblighi per i produttori di
  macchine di aumentare il numero di chilometri per litro; non più restrizioni,
  fiscali o di altro tipo, sull'acquisto di macchine divoratrici di benzina
  eccetera. Il risultato è che gli Stati Uniti, con meno del 5% della
  popolazione mondiale, consumano ora il 25% della produzione giornaliera di
  petrolio, circa 22 milioni di barili su 88 milioni di barili prodotti in
  tutto il mondo al giorno. Ed ecco il succo del problema: il 60% di quel
  petrolio deve essere importato. Per di più, per il mondo intero, il 60% delle
  importazioni di petrolio provengono dal medio oriente instabile. Questo è ciò
  che chiamiamo giocare col fuoco! 
Perciò, dal momento che l'accesso a petrolio sotto controllo americano ha
  giocato una parte importante nella decisione da parte di Bush-Cheney di
  lanciare, nella primavera del 2003, una guerra non provocata contro l'Iraq
  allo scopo di trasformare quel paese sovrano in un protettorato petrolifero
  americano sotto la gestione di alcune grandi compagnie petrolifere anglo
  americane, si può dire che i semi per questa guerra illegale fossero stati
  sparsi durante l'amministrazione repubblicana di Reagan. Quando la filosofia
  della deregolamentazione era rampante e veniva salutata come un successo. Ma,
  come conseguenza, sono stati persi 25 preziosi anni per preparare l'economia
  Usa al momento in cui il petrolio sarebbe divenuto una fonte di energia
  scarseggiante. Ora quel momento è arrivato, ma siamo ancora nell'era dei
  veicoli Hummer che camminano solo grazie a grandi quantità di costoso
  petrolio importato con grossi rischi. 
Infatti, negli Usa, vi sono tre macchine ogni quattro adulti e tali
  macchine sono più grandi e hanno motori più potenti che in qualunque altro
  paese del mondo. Se solo alcuni paesi, come Cina e India, volessero emulare
  gli Stati Uniti in questo, grazie alla crescita dei loro livelli di reddito,
  il consumo di petrolio al mondo più che raddoppierebbe. Ma senza riserve petrolifere
  note che vengano incontro a una tale incremento di domanda, i prezzi del
  petrolio salirebbero alle stelle distruggendo il potere d'acquisto dei
  consumatori e facendo crescere l'inflazione. Il risultato sarebbe un enorme
  crisi economica mondiale prima che possano essere sviluppate fonti di energia
  alternativa sfruttabili. Ciò richiederebbe 10 o 20 anni. 
Siamo già a quel punto? Se non lo siamo ci stiamo muovendo velocemente
  verso il giorno del brusco risveglio, mentre governi complici che non fanno
  nulla sperano in un miracolo o in una qualche soluzione magica. Le maggiori
  conseguenze saranno la crescita dell'inflazione, guerre simili a quelle del
  diciannovesimo secolo per assicurarsi le risorse, e un rallentamento
  economico mondiale nella produzione e nel commercio. I prossimi 20 anni
  saranno interessanti per alcuni, ma richiederanno sacrifici per i più. 
Rodrigue Tremblay è
  professore emerito di economia alla University of Montreal, può essere
  contattato all’indirizzo rodrigue.tremblay@yahoo.com.
  Visitate il suo blog www.thenewamericanempire.com/blog 
e il suo sito 
E’ autore del
  libro 'The New American Empire' . Potete avere informazioni sul suo prossimo
  libro, “The Code for Global Ethics” sul sito www.TheCodeForGlobalEthics.com/ 
Titolo
  originale: " In a Casino Mentality, The Economy Goes From Bubble to
  Bubble" 
Fonte: http://www.globalresearch.ca 
14.05.2008 
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO 
Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it 
8. 
14-04-2009 
Del Prof. Rodrigue TREMBLAY 
Tradotto da Alberto Tiepolo 
“La
  prosperità apportata dalla guerra è simile a quella apportata da un terremoto
  o dalla peste." 
“… La
  guerra è nociva, non soltanto per i conquistati, ma anche per i
  conquistatori. “ 
“Per
  superare gli aggressori non basta rendere la pace duratura. L'essenziale è di
  disfarsi dell'ideologia che genera la guerra. “ 
“La
  radice del male non è la costruzione di nuove armi, più terrificanti. È lo
  spirito di conquista. “ 
Ludwig von Mises (1881-1973) 
C'è gente responsabile che pensa che
  la provocazione e l'aggressione possano essere modellii di governo
  accettabili. Il conflitto che è appena scoppiato improvvisamente tra l'ex
  provincia sovietica della Georgia e la Russia nel Caucaso in Eurasia è un
  buon esempio. 
Cosa c'è dietro questo conflitto che
  scoppiato venerdì scorso, all'inizio dei giochi olimpici di Pechino?
  Inizialmente e soprattutto, occorre conservare allo spirito che il vero e
  primo aggressore in questo conflitto è il governo bellicoso della Georgia,
  diretto da un uomo politico impulsivo dal nome di Mikhail Saakashvili, che è
  apertamente sostenuto dai governi degli Stati Uniti e di Israele. Di buon'ora
  il giorno di venerdì, l'8 agosto, dei carri armati e della fanteria
  georgiani, assistiti da consulenti militari usamericani e Israeliani, hanno
  lanciato un vasto attacco d'artiglieria e di razzi sulla capitale
  dell'Ossezia meridionale secessionista, Tskhinvali, provocando così
  direttamente la Russia, che aveva soldati in questa provincia. 
A prima vista, la maggior parte della
  gente potrebbe facilmente arrivare alla conclusione che Saakashvili è
  completamente pazzo ad aver dichiarato guerra alla sua vicina Russia, un
  paese oltre 50 volte più grande della Georgia, allo scopo di rioccupare la
  provincia russofona dell'Ossezia meridionale, indipendente de facto dal 1992.
  La sola spiegazione logica sembra essere che il presidente georgiano credeva,
  o aveva una certa forma d'assicurazione, che l'amministrazione Bush-Cheney
  sarebbe stata al suo fianco militarmente. Con lui. Ha realmente creduto che
  l'amministrazione Bush-Cheney, già profondamente impegnata in due conflitti
  militari in Iraq ed in Afganistan, andasse rischiare una guerra mondiale per
  salvare un oleodotto ed una colonia recentemente acquisita in questa lontana
  parte del mondo? Questa sembra essere un'altra idea folle. 
È un fatto poco conosciuto: gli USA e
  Israele hanno trascinato ed armato l'esercito georgiano dal 2002. Questa
  situazione equivale a un rischio di riapertura della guerra fredda con la
  Russia. Lei ha ugualmente seminato il grano di un conflitto molto più
  importante in questa parte del mondo incoraggiando la Georgia a lanciarsi in
  manovre militari. La piccola Georgia (4,5 milioni di abitanti) ha ancora 2000
  soldati in Iraq, che gli USA stanno ora trasportando rapidamente verso la
  Georgia. Ciò spiega fino a che punto l'amministrazione Bush-Cheney ed i suoi
  sostituti israeliani sono pronti ad andare per sfidare la Russia. Ed ora,
  l'orso russo reagisce. È dell'acrobazia politica molto elevata. 
Nel corso dell'estate 1914, un errore
  di calcolo simile si realizzo ad accendere la prima guerra mondiale. Questo
  conflitto che era cominciato da una sola morte (l'assassinio dell'arciduca
  Franz Ferdinand il 28 giugno 1914) era arrivato, alla fine, a 40 milioni di
  morti. La catastrofe fu il risultato di una reazione a catena di
  dichiarazioni di guerra da parte dei diversi paesi implicati negli affari di
  altri paesi. Ciò resta un esempio nel modo in cui conflitti regionali
  relativamente secondari possono degenerare in conflagrazioni quando teste
  bruciate sono ai comandi. 
Il battibecco tra la Georgia e la
  Russia rappresenta una buona occasione per il segretario generale delle
  Nazioni Unite, Ban Ki-moon, di dare prova di leadership e non lasciare le
  cose degenerare. In effetti, c'è sempre una possibilità che un politico dopo
  l'altro proverà a non perdere la faccia lasciandosi scavalcare. Ad esempio,
  il segretario generale delle Nazioni Unite dovrebbe ottenere dal Consiglio di
  sicurezza il mandato di recarsi immediatamente nelle due capitali
  direttamente implicate, e dovrebbe tentare di negoziare immediatamente una
  cessazione delle ostilità che salverebbe la faccia di tutti. Dovrebbe
  persuadere i dirigenti russi a non reagire in modo eccessivo alle
  provocazioni del presidente georgiano. Per quanto riguarda quest'ultimo, ha
  dimostrato che non è degno di occupare le sue funzioni. 
Il tempo è essenziale in tali
  circostanze, poiché ci sono sempre interessi che potrebbero approfittare di
  un aggravamento della situazione. 
Da un lato, il presunto candidato
  presidenziale repubblicano John McCain, che non ha mai incontrato una guerra
  che non gradiva, ha già tentato di attizzare il fuoco del conflitto chiamando
  i 26 paesi della NATO ad implicarsi in ciò che è principalmente un conflitto
  etnico. Dando seguito alla sua campagna John McCain ha dichiarato: “Dobbiamo
  immediatamente convocare una riunione del Consiglio del Nord Atlantico per
  valutare la sicurezza della Georgia ed esaminare le misure che la NATO può
  adottare per contribuire a stabilizzare questa situazione molto pericolosa.„ 
Il candidato repubblicano tenta in
  modo incredibile di approfittare politicamente di questa crisi lontana
  facendo balenare la prospettiva spaventosa di un piccolo conflitto regionale
  trasformato in guerra mondiale. Ciò potrebbe avere qualcosa a vedere con il
  fatto che il principale consigliare in politica estera del Sig. McCain (Randy
  Scheunemann) è un vecchio lobbyista per il governo della Georgia ed un
  vecchio lobbyista neoconservatore a favore dell'invasione militare in Iraq da
  parte degli USA. Ciò sembra costituire un conflitto di interessi diretto ed
  una ragione sufficiente per il Sig. McCain di astenersi da gettare olio sul
  fuoco. 
Lo ho già scritto, e quest'incidente
  lo conferma: quest'uomo (McCain) sembra non essere adatto a prendere la testa
  di un paese molto armato. 
Articolo originale 
14/04/09 
Articolo Tradotto per
  www.risorsetiche.it da DAMIR 
Autore: Rodrigue Tremblay 
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  [Europa]
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  [Nord e Centro
  America] [Georgia]
  [Israele]
  [Russia]
  [Stati Uniti
  d'America] 
1. 
2. 
7. 
Perché semplicemente non abolire la NATO? 
DEL PROF. RODRIGUE TREMBLAY 
Tradotto da Manuela Vittorelli 
[L'obiettivo della NATO è] "tenere i russi fuori, gli americani
  dentro, i tedeschi sotto". 
Lord Ismay, primo segretario generale
  della NATO 
"Dovremmo immediatamente convocare una seduta del Consiglio Nord
  Atlantico per accertare la sicurezza della Georgia e rivedere le misure che
  la NATO può prendere per stabilizzare questa situazione pericolosissima". 
Sen. John McCain (8 agosto 2008) 
"Se avessimo lavorato in maniera preventiva con la Russia, con la
  Georgia, facendo sì che la NATO avesse il genere di abilità, presenza e
  impegno adatti, forse saremmo riusciti a evitare tutto questo" [l'invasione dell'Ossezia del Sud e
  la successiva reazione russa]. 
Tom Daschle, ex leader di maggioranza
  al senato e consigliere del senatore Barack Obama (17 agosto 2008) 
"Tra tutti i
  nemici delle libertà pubbliche la guerra è forse il più temibile perché
  comprende e sviluppa i germi di tutti gli altri". 
James Madison (1751-1836), quarto presidente americano 
L'Organizzazione del
  Trattato Nord Atlantico (NATO) è una reliquia della Guerra Fredda. Fu
  costituita il 4 aprile del 1949 come alleanza difensiva dei paesi dell'Europa
  Occidentale con il Canada e gli Stati Uniti per proteggere quei paesi dagli
  sconfinamenti dell'Unione Sovietica. 
Dal 1991, però, l'impero sovietico
  con esiste più e la Russia ha cooperato economicamente con i paesi
  dell'Europa Occidentale fornendo loro gas, petrolio e tutti i tipi di materie
  prime. Ciò ha accresciuto l'interdipendenza economica europea e ha dunque
  ridotto la necessità di una simile alleanza militare difensiva al di sopra e
  al di là dei sistemi militari di auto-difesa dei singoli paesi europei. 
Ma il governo degli Stati Uniti non
  la vede così. Preferirebbe conservare il proprio ruolo di sussiegoso
  protettore dell'Europa e di unica superpotenza del mondo. In questo senso la
  NATO è uno strumento che si adatta bene allo scopo. Ma forse il mondo
  dovrebbe preoccuparsi di chi se ne va in giro per il pianeta con una tanica
  di petrolio in una mano e una scatola di fiammiferi nell'altra, fingendo di
  vendere assicurazioni contro gli incendi. 
Ora come ora, è un dato di fatto che
  il governo e la nomenklatura degli affari esteri degli Stati Uniti vedono la
  NATO come un importante strumento di intervento della politica estera
  americana nel mondo. Dato che di fatto molti politici americani non
  appoggiano più le Nazioni Unite come organo internazionale supremo dedicato
  al mantenimento della pace nel mondo, una NATO controllata dagli Stati Uniti
  è ai loro occhi un sostituto più attraente dell'ONU per fornire una copertura
  legale alle offensive militari altrimenti illegali da loro intraprese in
  tutto il mondo. Preferiscono controllare completamente un'organizzazione come
  la NATO, anche se è diventata un'istituzione ridondante, piuttosto che dover
  scendere a compromessi alle Nazioni Unite, dove gli Stati Uniti dispongono
  comunque di uno dei cinque veti al Consiglio di Sicurezza. 
È questa la ferrea logica che sta dietro
  ai propositi di riorganizzazione, riorientamento e allargamento della NATO
  per trasformarla in uno strumento flessibile della politica estera americana.
  Ed è un'altra dimostrazione del fatto che le istituzioni ridondanti vivono di
  vita propria. E infatti quando lo scopo per il quale sono state inizialmente
  create non esiste più si inventano nuovi scopi per farle andare avanti. 
Per quanto riguarda la NATO, il piano è quello di
  ingrandirla e trasformarla in un'alleanza politico-militare imperiale e offensiva
  contro il resto del mondo dominata dagli Stati Uniti. Secondo questo piano,
  la NATO si espanderebbe nell'Europa centro-orientale a includere non solo gli
  ex-membri del Patto di Varsavia (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia,
  Bulgaria, Romania, Albania e Ungheria) e molte delle ex-repubbliche
  sovietiche (Estonia, Lituania, Lettonia, Georgia e Ucraina), ma anche in Asia
  a includere il Giappone, l'Australia, la Nuova Zelanda, la Corea del Sud e
  forse anche in Medio Oriente per ammettere Israele. Oggi la NATO, che
  all'inizio contava 12 membri, è passata a 26 membri. In futuro, se gli Stati
  Uniti raggiungeranno il loro obiettivo, potrebbe arrivare a 40 membri. 
Negli Stati Uniti sia i Repubblicani
  che i Democratici vedono la trasformazione della vecchia NATO in questa nuova
  alleanza militare offensiva come una buona idea (neocon) per promuovere nel
  mondo gli interessi americani e quelli dei loro stretti alleati come Israele.
  È un'idea promossa attivamente non solo dall'amministrazione neocon
  Bush-Cheney, ma anche dai consiglieri neo-conservatori di entrambi i
  candidati alle presidenziali americane del 2008, John McCain e il senatore
  Barack Obama. Infatti entrambi i candidati sostengono con entusiasmo
  l'interventismo militare, e questo essenzialmente perché i loro consiglieri
  vengono dallo stesso ambiente neo-conservatore. 
Per esempio, la precipitazione con
  cui i Bush-Cheney hanno imprudentemente promesso l'ingresso nella NATO
  all'ex-repubblica sovietica della Georgia e le hanno fornito appoggio e
  rifornimenti militari è un buon esempio di come viene vista la NATO a
  Washington da entrambi i maggiori partiti politici americani. Da una parte,
  il candidato presidenziale repubblicano John McCain progetta un nuovo ordine
  mondiale costruito attorno a una "Lega delle Democrazie" di
  ispirazione neo-conservatrice che sostituirebbe di fatto le Nazioni Unite e
  attraverso la quale gli Stati Uniti dominerebbero il mondo. Dall'altra, la
  posizione del senatore Barack Obama non è poi così diversa dalle proposte del
  senatore McCain in fatto di politica estera. Infatti il senatore Obama
  promuove l'impiego della forza militare degli Stati Uniti e degli interventi
  militari multilaterali nelle crisi regionali a "scopi umanitari",
  anche se significa aggirare le Nazioni Unite. Dunque, se mai dovesse andare
  al potere, possiamo tranquillamente scommettere che il senatore Obama non
  avrebbe alcuno scrupolo ad adottare la visione del mondo del senatore McCain.
  Per esempio, entrambi i candidati probabilmente appoggerebbero l'eliminazione
  della clausola "no first strike" dalla convenzione della NATO. Si
  può stare certi che con l'uno o l'altro alla Casa Bianca il mondo sarebbe
  meno basato sul diritto e meno sicuro, e certo non migliore di come è stato
  sotto la sfrenata amministrazione Bush-Cheney. 
È tuttavia difficile capire come
  questo nuovo ruolo offensivo della NATO possa essere negli interessi dei
  paesi europei o del Canada. L'Europa Occidentale in particolare ha tutto da
  temere da un ritorno alla Guerra Fredda con la Russia e forse con la Cina. La
  trasformazione della NATO da organizzazione militare difensiva nord-atlantica
  a organizzazione militare offensiva guidata dagli Stati Uniti avrà profonde
  conseguenze geopolitiche internazionali in tutto il mondo, ma soprattutto in
  Europa. L'Europa ha una forte attrazione economica per la Russia. Dunque
  perché imbarcarsi nella politica aggressiva dell'amministrazione Bush-Cheney,
  basata sull'accerchiamento militare della Russia attraverso l'espansione
  della NATO fino ai confini russi e l'installazione di uno scudo anti-missile
  proprio lì accanto? Non sarebbe meglio per l'Europa sviluppare relazioni
  politiche ed economiche armoniose con la Russia? Perché preparare la prossima
  guerra? 
Per quanto riguarda il Canada, sotto
  il governo minoritario del neocon Harper il paese è diventato di fatto una
  colonia americana in materia di politica estera, e questo senza che si sia
  svolto alcun dibattito o referendum. L'ultima cosa di cui il Canada ha
  bisogno è proseguire su quella strada minata. 
In conclusione, parrebbe che l'idea
  umanistica che vede la pace, il libero scambio e il diritto internazionale
  alle basi dell'ordine mondiale venga messa da parte a favore di un ritorno
  alla grande politica della forza e alla diplomazia delle cannoniere. Così si
  torna indietro di cent'anni. 
È una vergogna. 
_________________________________ 
Originale da: 
Articolo
  originale pubblicato il 20 agosto 2008 
Rodrigue Tremblay vive a Montreal, può essere
  contattato all'indirizzo mail rodrigue.tremblay@yahoo.com. E' autore del
  libro 'The New American Empire'  (Il Nuovo
  Impero Americano). 
 Visitate il suo blog
  thenewamericanempire.com/blog. 
6. 
07 Febbraio 2008 
E’ ARRIVATA LA STAGFLAZIONE 
DI RODRIGUE TREMBLAY 
Global Research 
La guerra: in
  fondo, cosa ci guadagna la gente? Mah, vedove, tasse, gambe di legno e
  debiti. 
Samuel B. Pettengill 
"Eserciti,
  debiti e tasse sono gli strumenti conosciuti per ricondurre i molti sotto il
  dominio dei pochi.” 
James Madison, Quarto Presidente degli U.S.A. (20
  aprile 1795) 
La scorsa
  estate, ho constatato l'esistenza di una "crisi di solvibilità"
  sottostante la continua pressione dovuta all'indisponibilità di liquidità nei
  mutui subprime. Le banche centrali sono in grado di alleviare una "crisi
  di liquidità", ma non di risolvere una crisi di solvibilità. 
Sempre l’anno scorso, prima degli eventi che si sono
  verificati, ho avvertito del fatto che gli U.S.A. si stavano dirigendo verso
  la stagflazione. 
Ciò era dovuto a tre fattori fondamentali. 
Primo, i deficit fiscali strutturali del bilancio
  federale in un periodo di prosperità, risultanti dalla continua spesa in
  disavanzo della amministrazione Bush-Cheney in relazione alle guerre in Iraq
  e Afghanistan e ai sostanziosi sgravi fiscali; 
Secondo, l’eccesso di indebitamento dell’economia
  statunitense nel suo complesso associato ad un saggio di risparmio
  complessivo vicino allo zero (nel 1981, era del 12%) e, di conseguenza, il
  rapido aumento del debito estero degli U.S.A.; e, 
Terzo, il crollo del dollaro U.S.A. necessario
  all'inversione e correzione della bilancia dei pagamenti americana in
  deterioramento. Il secondo fattore annunciava la diminuzione dei consumi
  privati nei mesi seguenti, mentre il terzo fattore avrebbe attizzato il fuoco
  dell’inflazione generale. E con deficit del bilancio pubblico già alti, ci
  sarebbe stato un minor margine per attuare una politica fiscale aggressiva a
  sostegno dell’attività economica. Tutto era quindi pronto per un periodo di
  stagflazione, ovvero crescita lenta e inflazione in aumento. 
Ora la stagflazione è arrivata. — La crescita economica
  sta rallentando, i numeri della massa monetaria M3, come misura della
  liquidità complessiva nell’economia, sono nell’intervallo delle due cifre, la
  curva dei rendimenti si è invertita diventando negativa (tassi a breve
  termine superiori ai tassi a termine più lungo) e il dollaro statunitense è
  diventato una delle valute più deboli del mondo. Tutto ciò mentre il doppio
  deficit americano (deficit della bilancia commerciale e disavanzo del
  bilancio pubblico federale) è a livelli da record. — Come ho fatto presente
  l’anno scorso, "Una valuta più debole si traduce in maggiore inflazione
  importata e rende più difficile mantenere bassi i tassi di interesse"
  anche se, a tempo debito, essa migliorerà la bilancia commerciale. Ciò
  significa che ora, a tutti gli effetti, anche la politica monetaria è
  gravemente limitata in ciò che è in grado di realizzare. Per tutto il 2007,
  l'inflazione ha toccato il 4,1%, ovvero due terzi in più che nel 2006 quando
  l'inflazione fu registrata al 2,5%. Inoltre, l'aumento improvviso dei prezzi
  all'ingrosso annuncia una inflazione persino maggiore nei prossimi mesi. 
Con l'inflazione in aumento e i tassi di interesse
  reali già in territorio negativo, un impulso monetario aggressivo
  probabilmente si rivelerebbe controproducente perché tassi di interesse
  troppo bassi incoraggerebbero fughe di capitali, e farebbero diminuire
  ulteriormente il dollaro con il conseguente aumento dell'inflazione
  importata. Oltre a ciò, si deve ricordare che le modifiche nelle politiche
  monetarie impiegano da nove a dodici mesi per incidere sull'economia reale.
  Si deve anche tenere a mente che gli Stati Uniti operano sempre più in un
  ambiente internazionale e sono sempre meno in grado di influenzare l'economia
  domestica manipolando un'unica variabile quale è il tasso di interesse. 
Naturalmente la Federal Reserve aver potuto rivestire
  un migliore ruolo di regolamentazione preventiva se fosse intervenuta nel
  2003-04 a governare in quelle insane pratiche creditizie che hanno portato
  alla batosta dei subprime. Ma ora il latte è versato, e nulla può cancellare
  il danno che tale mancanza di supervisione ha causato al settore
  dell'edilizia abitativa e ad altri segmenti dell'economia. 
Dopo sette anni di stravizi continui, di assunzione di
  prestiti e costruzione del debito, il governo federale statunitense è in una
  situazione spinosa anche dal punto di vista fiscale e troverà difficile
  reagire in maniera efficace al rallentamento dell'economia. Di certo, nel
  corso degli ultimi sette anni, l'amministrazione Bush-Cheney ha gestito
  disavanzi pubblici di 461,29 miliardi di dollari in media all'anno, per una
  somma totale di 3.229 miliardi di dollari di deficit in bilancio. 
Ciò rende più difficile imbarcarsi in una nuova fase di
  spesa in disavanzo per stimolare l'economia. Per prima cosa, le modifiche
  della politica fiscale presentano un orizzonte temporale ancor superiore
  prima di incidere sull'economia reale. Secondariamente, il rallentamento e la
  recessione in arrivo peggioreranno un disavanzo pubblico federale già alto,
  mentre le entrate governative stanno diminuendo con l'aumento della
  disoccupazione e la contrazione nella crescita del reddito. Sul versante
  della spesa, la guerra in Iraq, in particolare, è un buco nero che sottrae
  oltre 100 miliardi di dollari all'anno, senza che se ne veda la fine. Anche i
  prezzi del petrolio sono molto elevati, in parte a causa della grande domanda
  mondiale, in parte a causa dell'instabilità geopolitica, e in parte a causa
  dell'indebolimento del dollaro. 
Dopo sette anni di pazzia in politica estera e di
  costruzione dell'impero su una montagna di debiti, di pubblici stravizi ed
  erosione privata, la crisi finanziaria e la resa dei conti creditizia, il
  dollaro a precipizio, ed l'elevato prezzo del petrolio contribuiranno al rallentamento
  economico nel 2008, che probabilmente durante la prima metà dell'anno si
  trasformerà in recessione, sempre che ciò non sia già avvenuto fin dallo
  scorso dicembre. La contrazione nei mercati borsistici mondiali durante
  quest'ultimo mese è un'altra chiara indicazione del fatto che qualcosa non
  funziona non solo nell'economia statunitense ma anche in quella mondiale. 
Tutto ciò sembrerebbe rappresentare una pessima notizia
  per i Repubblicani di George W. Bush, proprio come fu una cattiva notizia per
  l'amministrazione del Democratico Carter alla fine degli anni Settanta. Di
  certo, secondo l'Ufficio Nazionale della Ricerca Economica (National Bureau
  of Economic Research), nel corso dell'ultimo secolo è accaduto quattro volte
  che l'economia statunitense fosse in recessione all'inizio dell'anno delle
  elezioni presidenziali. Ogni volta — nel 1920, 1932, 1960 e 1980 — il partito
  del presidente in carica ha perso le elezioni. 
____________________________________________ 
Rodrigue Tremblay è professore emerito di economia
  all’Università di Montreal e può essere contattato all’indirizzo rodrigue.tremblay@yahoo.com 
è autore del libro 'The New American Empire' (‘Il nuovo
  impero americano’) 
Visita il suo blog all’indirizzo: www.thenewamericanempire.com/blog. 
Sito internet dell’autore: 
Da ' un'occhiata al libro del Dott. Tremblay in
  prossima uscita "The Code for Global Ethics" (‘Il codice per
  l’etica globale’) all’indirizzo: www.thecodeforglobalethics.com 
Fonte: www.globalresearch.ca 
Link: 
31.02.08 
5. 
DECADENZA, SPRECO, CORRUZIONE NEL NUOVO IMPERO AMERICANO (Parte I) 
DEL PROF. RODRIGUE TREMBLAY 
"Un impero è
  sempre coercitivo e autoritario: è come un coperchio tenuto premuto su una
  pentola che bolle. Ad un certo punto la pressione interna è troppo forte, il
  coperchio esplode via e avviene una sorta di eruzione vulcanica". 
Umberto Eco, medievalista italiano 
"Un impero è
  dispotismo, e un imperatore è un despota, che non è trattenuto da alcuna
  legge o limitazione che non sia la sua volontà; è l'estensione della tirannia
  oltre la monarchia assoluta". 
John Adams (1735-1826), secondo presidente americano 
"Il deterioramento
  di ogni governo inizia con il declino dei principi su cui è fondato". 
Montesquieu (1689-1755), Charles Louis de Secondat,
  Barone di Montesquieu 
Un sicuro
  segno della decadenza di un impero si ha quando il denaro duramente
  guadagnato sembra perdere ogni significato e viene sprecato a destra e a
  manca. Ci sono indizi che ciò è quanto sta accadendo oggi negli Stati Uniti.
  Vi è una danza di miliardi che sfida ogni immaginazione e che nessuno sembra
  capire. 
Primo caso: 
Nel 2006 la banca di investimenti e compagnia di
  assicurazioni Goldman Sachs ha pagato l'esorbitante somma di 16.5 miliardi di
  dollari in bonus di fine anno per i suoi dirigenti e impiegati. Una tale
  quantità di denaro se dovesse essere trasportata in scatole contenenti banconote
  da 100 dollari richiederebbe circa 50 container da 10 tonnellate. 
Da questa somma è venuto fuori un regalo di Natale di
  625000 dollari per ciascun uomo o donna di tale organizzazione, il cui
  maggior lavoro consiste nello spostare fogli di carta. Lo scorso anno la
  società pagò i suoi due co-presidenti 54 milioni di dollari l'uno in
  stipendi, bonus e benefit. Pensate ci sia un legame tra gli esorbitanti
  profitti privati e il potere politico? Beh, potreste chiedervi perchè Bush
  abbia nominato un ex presidente e amministratore delegato della Goldman Sachs
  come Segretario del Tesoro e abbia scelto un avvocato proveniente dalla
  Goldman Sachs come capo del suo staff. 
Il secondo caso in cui il denaro scorre liberamente è
  il Pentagono. Il budget militare del governo degli Stati Uniti per il 2007
  ammonta all'enorme somma di 623 miliardi di dollari. Vuol dire più di 2000
  dollari per ciascun uomo, donna o bambino in America. Come ha fatto notare il
  Rapporto della Commissione sull' 11 Settembre, "Il Dipartimento della Difesa è un colosso... Con un budget
  annuale superiore al PIL della Russia, è un impero". 
Il vero Nuovo Impero Americano è il Dipartimento della
  Difesa USA. Il suo budget annuale rappresenta più del 50% delle spese
  militari di tutti gli altri 191 paesi al mondo messi assieme. E' un impero
  che allunga i suoi tentacoli in 135 paesi, con truppe in ognuno di essi, e
  che ha dispiegato l'incredibile numero di 737 basi militari in questi paesi
  stranieri. Questò è veramente un impero fuori controllo che è diventato una
  sempre maggiore minaccia per il mondo. 
Ottenere contratti per la difesa è un modo sicuro per
  diventare rapidamente ricchi. Per esempio, un rapporto dell'Ispettore
  Generale per la Ricostruzione Irachena ha concluso che la più alta
  proporzione di costi operativi consisteva nei contratti, per gli stabilimenti
  petroliferi, con la KBR Inc. , la sussidiaria della Hulliburton ed ex azienda
  del Vice Presidente Cheney. Per quel che riguarda i legami tra contratti per
  la difesa e potere politico, potreste chiedervi perchè Bush abbia nominato
  sottosegretario per la Marina il presidente di una delle maggiori aziende
  fornitrici di armi. 
Con così tanto denaro in circolo, non c'è da stupirsi
  che un comitato del Congresso, l' House Oversight and Government Reform
  Committee [Comitato del Congresso per il Controllo e la Riforma del Governo
  n.d.t.], abbia recentemente scoperto che l'equivalente di circa 36 container
  da 10 tonnellate di biglietti da 100 dollari appena stampati sia sparito in
  Iraq (363 tonnellate di contante per un valore di circa 12 miliardi di
  dollari in base alle ultime stime), senza lasciare traccia. Sono nelle tasche
  di qualcuno, ma il Congresso ancora non sa nelle tasche di chi e non è in
  grado di seguire il tortuoso tracciato della frode, degli sprechi, degli
  abusi e della corruzione che avvengono nella guerra in Iraq. 
E' ragionevole pensare che parte di questo denaro sia
  servito per comprare le famose elezioni irachene del 15 Dicembre 2005
  raccontate dal regime Bush-Cheney come un modello di democrazia per il
  medioriente. Se i 12 miliardi di cui non si ha traccia fossero stati divisi
  equamente tra 12 milioni di elettori iracheni, ciascuno di questi abitanti di
  un paese impoverito avrebbe ricevuto 1000 dollari in biglietti da 100 appena
  coniati. Dobbiamo ricordare che le elezioni del 15 Dicembre 2005 hanno
  consegnato il potere, sino al 2009, ad una coalizione di fanatici
  fondamentalisti e partiti teocratici sciiti appoggiati dall'Iran, e guidati
  dal Supreme Council for the Islamic Revolution in Iraq (SCIRI) [Consiglio
  Supremo per la Rivoluzione Islamica in Iraq n.d.t]. 
Naturalmente il primo e maggiore costo della Guerra in
  Iraq è un costo umano e la distruzione di un paese da parte di immorali
  invasori stranieri. Ma la corruzione in denaro viene per seconda. 
In tempo di pace la corruzione è una costante minaccia
  alla democrazia. In tempo di guerra, se non vengono intrapresi speciali
  passi, diventa endemica. 
E sotto il regime Bush-Cheney non sono stati intrapresi
  tali passi per evitare la corruzione. Al contrario sembrerebbe che tale
  corruzione fosse benvenuta, possibilmente sapendo, o sperando, che parte del
  denaro che vi gira avrebbe ritrovato la strada per tornare nel sistema
  politico. 
Questo è il motivo per cui la corruzione finanziaria
  pone una minaccia mortale alla democrazia americana. Benjamin Franklin
  (1706-1790), per dirne uno, temeva che la Costituzione USA sarebbe un giorno "caduta... a causa della corruzione
  della gente, in un senso generale". Da parte sua, il Presidente
  Abraham Lincoln (1809-1865) pensava che la corruzione tra le alte cariche
  sarebbe seguita "appena il denaro
  si sarà accumulato in poche mani e la Repubblica verrà distrutta". 
La domanda a cui si deve ancora rispondere è se la
  democrazia americana possa essere salvata dalla corruzione ambientale o se
  sia già troppo tardi. Di fatto gli Stati Uniti sono già caduti in un abisso
  di corruzione così profondo che non li si può salvare? 
Rodrigue Tremblay vive
  a Montreal, può essere contattato all'indirizzo mail rodrigue.tremblay@yahoo.com.
  E' autore del libro 'The New American Empire'  (Il Nuovo Impero Americano). 
 Visitate
  il suo blog thenewamericanempire.com/blog. 
Titolo
  originale: 'Decadence, Waste, Corruption in the New American Empire -
  America's "dance of the billions"' 
Fonte: http://onlinejournal.com/ 
Link (Parte I): onlinejournal.com/artman/publish/article_1813.shtml 
04.03.2007 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di
  ALCENERO 
4. 
DECADENZA, SPRECO, CORRUZIONE NEL NUOVO IMPERO AMERICANO (Parte II) 
DEL PROF. RODRIGUE TREMBLAY 
“L’abuso
  della compravendita di voti iniziò a prendere piede e il denaro inizio ad
  avere un importante ruolo nel determinare l'esito delle elezioni. Successivamente
  questo processo di corruzione si diffuse nelle corti di giustizia. E poi
  all'esercito, e infine la Repubblica fu sottomessa al governo di imperatori.”—Plutarco (c.
  46 A.D.-127 A.D.) 
“Uno
  squilibrio tra i ricchi e poveri è la più antica è la più fatale malattia per
  qualunque Repubblica.”—Plutarco (c. 46 A.D.-127 A.D.) 
“Non dovrebbe
  sorprendere che quando i ricchi ottengono il controllo del governo, fanno
  passare leggi che sono favorevoli a loro stessi. La sorpresa è che coloro che
  non sono ricchi votino per tali persone, anche se dovrebbero sapere
  dall'amara esperienza che i ricchi continueranno a derubare il resto di noi.
  Forse il motivo è che i ricchi sono molto abili nel nascondere ciò che
  fanno.” --Andrew Greeley 
La corruzione
  e la bancarotta morale assumono molte forme. Esse sono solitamente il
  risultato finale di un'insaziabile desiderio di denaro, potere e privilegio,
  al di là di ogni decenza. E il denaro in politica è il fulcro di quasi tutte
  le forme di corruzione. 
Negli Stati Uniti, per esempio, il grande capitale è
  così centrale per la politica e per il funzionamento dei partiti politici che
  chiunque sia candidato ad alti incarichi, anche se personalmente già
  milionario, è obbligato a corteggiare coloro che possiedono grandi quantità
  di soldi. Molti buoni candidati si rifiutano perciò di intraprendere, o
  abbandonano presto, le campagne presidenziali, perché non vogliono
  sottomettersi a questo genere di prostituzione.Come conseguenza degli accordi
  che devono essere fatti per raccogliere le grandi quantità di moneta
  necessarie ad avere successo, è difficile per qualunque amministrazione non
  rimanere invischiata in una rete di scandali. Infatti, le grosse somme di
  denaro sono la chiave per avere influenza a Washington, e i soldi usati per
  corrompere i politici portano infine ad avidità e scandali. E successo
  all'amministrazione Nixon (scandalo Watergate), all'amministrazione Carter
  (scandalo Lance), all'amministrazione Reagan (scandalo Iran-Contra),
  all'amministrazione di George H. W. Bush (scandalo Iraqgate) e ora
  all'amministrazione di George W. Bush. 
C'è stato lo scandalo Enron, lo scandalo Abramoff, e lo
  scandalo Tom DeLay. Subito dopo lo scandalo Enron, per esempio, fu reso
  pubblico il fatto che la Enron aveva speso un totale di $ 5,8 milioni per
  finanziare le elezioni federali americane, su di un periodo di 12 anni, con
  il 73% del denaro che andava ai repubblicani. 71 senatori su 100 e 188 membri
  del congresso su 435 beneficiarono della generosità dell'azienda. Lo stesso
  presidente George W. Bush, un infaticabile oppositore di qualunque riforma
  dei finanziamenti per le campagne elettorali, ricevette $ 826.000 da questa
  sola azienda del Texas in un periodo di otto anni da che si candidò per la
  prima volta come governatore di quello Stato. Tutto ciò sembra essere parte
  di una pervasiva cultura della corruzione. 
La rivelazione che il super lobbysta Jack Abramoff
  offrì $ 100.000 per incontrare il presidente George W. Bush e il capo
  consigliere Karl Rove per spingere verso leggi di suo piacimento è
  un'indicazione di come le cose possano rapidamente degenerare, pure nella
  democrazia più solida. Il super lobbysta Abramoff è stato uno dei principali
  finanziatori di George W. Bush, e ciò lo ha reso ad honorem un “pioniere” di
  Bush. E, in modo tipicamente americano, sia Abramoff che DeLay dicevano che
  Dio era in qualche modo dietro le loro azioni. Da una parte Abramoff confessò
  : “Io credo che le risorse che arrivano nelle mie mani siano dovute al fatto
  che è Dio a metterle lì”. E nelle parole di DeLay, “Io credo fermamente di
  essere innocente dalle accuse che mi vengono rivolte. Crediamo che sia Dio a
  controllare le cose, infatti Egli fa in modo che tutto vada bene per coloro
  che lo amano”. Questa è un'indicazione che per alcuni, di fatto si mischiano
  la corruzione politica e quella religiosa. 
Infatti ciò che il denaro compra a Washington, è
  l'accesso a quelle posizioni di potere, la diretta influenza nel concepimento
  delle politiche pubbliche e l'assegnazione preferenziale di posti di lavoro e
  succosi contratti. La corruzione degli impiegati pubblici e del Congresso da
  parte di lobbysti è ciò che ne segue. La corruzione politica diventa
  rapidamente un circolo vizioso: i corruttori scelgono i politici che vogliono
  vedere in carica gettando tonnellate di denaro nelle loro campagne
  elettorali, mentre i politici così selezionati sono ansiosi di ripagare i
  loro benefattori aprendo loro incarichi influenti e servendoli con
  remunerativi contratti. E così via. In particolare, perché pensate che tutti
  i maggiori candidati presidenziali democratici di quest'anno non siano contro
  un attacco non provocato dell'America all'Iran? E' perché i benefattori del
  grande capitale che stanno corteggiando sono tutti pesantemente filo
  israeliani. Sono coloro che pagano a fare la politica. Questa potrebbe essere
  la principale ragione del fatto che il 60% degli americani non si preoccupa
  di andare a votare il giorno delle elezioni. Essi non sono apatici; sanno
  solo che la plutocrazia non è democrazia e che non c'è una sola speranza che
  il sistema si riformi da solo. La plutocrazia è il governo dei ricchi, per i
  ricchi e nominato dai ricchi. Ciò è qualcosa di ben diverso dalla visione di
  Lincoln della democrazia come governo “ della gente, per la gente e nominato
  dalla gente”. 
Quando Paul Wolfowitz, il principale architetto della
  guerra contro l'Iraq, è andato dal Dipartimento della Difesa Usa a dirigere
  la Banca Mondiale, il mondo ha avuto una vivida dimostrazione di quanto possa
  essere corrotto il sistema politico americano. Wolfowitz non aveva alcuna
  formazione (scienza politica) o esperienza nella finanza, ma è stato
  nondimeno nominato presidente dell'importante Banca Mondiale solo per i
  servizi che aveva reso. 
Un altro esempio è quello del curioso spettacolo offerto
  da Dick Cheney, membro dell’ American Enterprise Institute ed ex
  amministratore delegato della Halliburton Energy Services, che, nel 2001, si
  scelse da solo come vice presidente di George W. Bush (egli era il comitato
  per la ricerca di un vicepresidente di Bush) e, come direttore della squadra
  di transizione del presidente eletto, si trovò nella posizione per nominare
  gran parte degli alti funzionari della nuova amministrazione Bush. Come
  poteva fare ciò, ci si potrebbe legittimamente chiedere? Inoltre, perché
  George W. Bush, il 25 marzo del 2003, firmò l' ordine esecutivo 13292 che
  dava a Cheney il potere di declassificare l'intelligence e garantiva la
  maggiore espansione dei poteri del vice presidente nella storia Usa? Perché
  Dick Cheney ha finito con l'avere così tanto potere all'interno
  dell'amministrazione che persino George W. Bush una volta scherzò sul
  ‘presidente Cheney’? a quanto ci risulta nessun scienziato politico ha
  trovato risposte a queste domande. 
Un'altra forma di corruzione in America può derivare da
  questo primo tipo. Essa proviene dal fatto che mentre i super ricchi si
  ingozzano con costosissimi contratti militari e tagli alle tasse, i più
  poveri tra gli americani stanno diventando relativamente sempre più poveri.
  Infatti, l' ineguaglianza economica negli Usa è aumentata significativamente
  tra il 1979 e il 2006: durante questo periodo, più di un quarto di secolo, i
  salari, tenuta conto l'inflazione, sono aumentati del 34% per coloro che sono
  al vertice, i salari di coloro che stanno in mezzo sono aumentati dell'11,5%
  e i salari di coloro che stanno in fondo sono rimasti stagnanti, aumentando
  di un misero 4% in 27 anni. I recenti rapporti hanno anche mostrato che la
  percentuale degli americani poveri che vivono in situazioni di forte povertà
  ha raggiunto il massimo in 32 anni e il divario tra coloro che hanno e coloro
  che non hanno è continuato ad aumentare. 
Per esempio nel 2005, 35 milioni di americani sono
  andati avanti senza avere abbastanza da mangiare. A ciò è dovuto il fatto che
  13 milioni di bambini americani, cioè il 17,8%, viveva in forte povertà. E
  con l'incremento a due cifre ogni anno dei costi sanitari, qualcosa come 47
  milioni di americani si trovano nella precaria situazione di non essere
  coperti da alcuna assicurazione sanitaria, tutto ciò mentre il loro governo
  sta sprecando miliardi e miliardi in tutto il mondo. 
Ma forse la più insidiosa corruzione in una democrazia
  avviene quando i funzionari eletti non sono sinceri con la gente e si
  affidano a bugie e a propaganda piuttosto che alla verità nei loro discorsi
  pubblici. Allora la fiducia e la speranza vengono distrutte, e con esse la
  fibra morale della nazione. 
Tale corruzione pubblica è spesso accompagnata da
  quella che alimenta la corruzione politica, cioè la corruzione dei media.
  Quando il governo e i media sono entrambi corrotti, ne conseguono tutte le
  altre forme di corruzione. La sempre più incestuosa relazione che esiste tra
  ampi segmenti dei media americani e il governo è la causa di ciò che avverrà
  in futuro. Infatti, le macchine della propaganda sembrano aver sostituito il
  genuino giornalismo investigativo in molte organizzazioni giornalistiche,
  dove un esercito di “utili idioti” e urlanti scemi del villaggio si sentono
  liberi di impegnarsi in campagne pubbliche di disinformazione ed evidenti
  bugie. 
Quando avviene ciò, il risultato è la confusione e il
  disordine, ed è allora che vengono commessi i peggiori errori. Il periodo tra
  il 2001 e il 2007 entrerà nella storia come il periodo in cui vennero
  raccontate menzogne al popolo americano, sia dall'amministrazione Bush-Cheney
  che dei maggiori media americani. 
Ciò ha portato, infatti, ad una dimostrazione di
  massiccia incompetenza e alla mostruosa corruzione morale e finanziaria
  americana, che è stata vista in Iraq, dove la banda demolitrice
  Bush-Cheney-Rumsfeld-Wolfowitz-Feith-Bremer si è data a un orgia di
  distruzione che ha causato danni enormi e irreparabili, non solo all'Iraq,
  alla sua economia e al suo popolo, ma anche agli Stati Uniti, agli americani
  e al sistema internazionale di leggi e giustizia. L'enorme abuso di denaro,
  la sospensione del diritto dell’ “Habeas Corpus” e l' affidarsi a tecniche di
  tortura nell’ Iraq occupato (Abu Ghraib) sono solo la punta dell' iceberg di
  ciò può essere uno dei più grandi scandali di corruzione nella storia
  americana. 
____________________________________________________________ 
Rodrigue Tremblay vive
  a Montreal, può essere contattato all'indirizzo mail rodrigue.tremblay@yahoo.com. 
 E'
  autore del libro 'The New American Empire   
(Il Nuovo Impero Americano’. 
 Visitate
  il suo blog thenewamericanempire.com/blog. 
Titolo
  originale: 'Decadence, Waste, Corruption in the New American Empire -
  America's "dance of the billions"' 
Link (Parte II):
  http://onlinejournal.com/artman/publish/article_1837.shtml 
12.03.2007 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di
  ALCENERO 
3. 
UN SISTEMA FINANZIARIO SOTTO ASSEDIO 
Data:
  30/11/2007 
Argomento:
  USA 
DEL PROF.
  RODRIGUE TREMBLAY 
Global
  Reseearch 
"Se si includono questi
  argomenti [i benefici promessi nella Previdenza Sociale, Assistenza Sanitaria
  Nazionale, nella Gestione dei Veterani ed in altri programmi di assistenza],
  si stima l'onere totale [del debito] al valore attuale del dollaro sia di
  circa 53 trilioni di dollari. Messa diversamente, l'onere totale corrente
  stimato è di quasi 175.000 dollari per ogni americano; ed ogni giorno
  quell'onere diventa più grande." 
David Walker, Revisore
  Generale dei Conti degli Stati Uniti 
"Le forze economiche che
  guidano l'equilibrio globale di risparmio e investimento si sono sviluppate
  nel decennio scorso, cosicché la ripidezza del recente declino nei rendimenti
  di lunga durata del dollaro e nei tassi a lungo termine collegati, suggerisce
  che possa essere in opera qualcosa di più ampio". 
Alan
  Greenspan, ex presidente FED, 20 luglio 2005 
"Il buco nero dei subprime
  sembra sempre più profondo, più scuro e spaventoso di quanto [le banche]
  pensino. Hanno avuto ricadute su... circa il 40 % del cumulo della parte di
  prestito speculativo e lì ci sono decisamente dei segni di disgelo". 
Tony James, Presidente
  e CEO del Blackstone Group LP 
Il sistema
  finanziario globale basato sul dollaro è in crisi e sta
  minacciando la prosperità e la stabilità di molte economie. 
Eccessi finanziari di ogni genere hanno insidiato la sua legittimità e la
  sua efficienza. Il dollaro USA sta perdendo la sua predominanza come
  principale valuta di riserva internazionale mentre molte banche sono travolte
  dal subbuglio
  della crisi dei crediti subprime. 
Lo scenario generale è la bolla senza precedenti dei beni immobili che
  c'è stata in tutto il mondo dal 1995 al 2005. Negli Stati Uniti, ad esempio,
  i prezzi delle case occupate dai proprietari sono aumentati annualmente di
  una media di circa il 9 %. Il valore di mercato del capitale delle case
  occupate dal proprietario negli Stati Uniti è aumentato da un po' meno di 8
  trilioni di dollari del 1995 ad un po' più di 18 trilioni nel 2005. Da allora
  si sta contraendo, confermando il funzionamento del ciclo di 18 anni del
  mercato immobiliare teorizzato da Kuznets, che va dal picco del 1987 al picco
  del 2005. 
Ciò che rende questo periodo particolarmente pericoloso è il fatto che è
  in gioco anche il ciclo dei 54
  anni di Kondratieff di inflazione-disinflazione-deflazione,
  iniziato nel 1949 dopo che i prezzi si erano scongelati. L'inflazione
  mondiale è poi salita per venti anni fino al 1980, seguita da un periodo di
  disinflazione sotto la FED di Volcker. L'entrata della
  Cina nella
  World Trade Organization (WTO) l'11 dicembre 2001, con i suoi
  lavoratori in abbondanza e stipendi bassi, ha liberato notevoli forze
  deflazionistiche in tutto il mondo. Ciò a sua volta ha poi condotto ad
  aspettative di un'inflazione più bassa che hanno aperto la strada alla FED di Greenspan per
  tenere i tassi d'interesse ad un livello anormalmente basso. 
Tassi di interesse persistentemente bassi ed aspettative di bassa
  inflazione hanno portato ad una frenesia nei prestiti e ad un vasto aumento
  nella valutazione del mercato, non solo dei beni immobili ma anche delle
  azioni e delle obbligazioni. Le banche ed altri istituti di credito
  ipotecario hanno approfittato dell'occasione per introdurre alcune
  innovazioni finanziarie per finanziare l'esplosione del mercato ipotecario.
  Queste innovazioni hanno provocato lo spaccamento del tradizionale
  collegamento diretto fra mutuatario e prestatore e la riduzione del rischio
  del prestatore normalmente associato ai prestiti ipotecari. 
Quindi, con la connivenza delle agenzie di rating e del Sistema della
  Federal Reserve, grandi banche hanno inventato nuovi prodotti finanziari
  sotto vari nomi tipo "obbligazioni collateralizzate" (CBOs),
  "obbligazioni di debito collateralizzate" (CDOs), anche chiamate "veicoli
  di investimento strutturati" (SIVs), che hanno avuto le
  caratteristiche di cambiale finanziaria a breve termine fluttuante. Nel
  mercato delle ipoteche residenziali, ad esempio, i mediatori di ipoteche ed i
  prestatori "al minuto" vendevano i loro prestiti ipotecari alle
  banche, che a loro volta ne facevano un unico pacco e lo spezzettavano in
  differenti classi di titoli garantiti da ipoteche (RMBS), che portavano
  differenti livelli di rischio e di guadagno, prima di venderli agli
  investitori. 
Quindi questi nuovi strumenti finanziari erano il risultato finale di un
  processo di "conversione dei beni in titoli" ed erano fette di
  pacchetti di prestiti, non solo prestiti ipotecari ma anche debiti delle
  carte di credito, prestiti per automobili, prestiti agli studenti ed altri
  crediti esigibili a breve termine. Ogni fetta portava un differente onere di
  rischio ed un differente rendimento. Con la benedizione delle agenzie di
  rating, le banche sono andate persino un po' oltre ed hanno cominciato a
  riunire le fette finanziarie più rischiose in pacchetti ancor più rischiosi
  dividendoli ancora per venderli agli investitori in cerca di rendimenti
  elevati. 
Vendendo questi nuovi strumenti di debito agli investitori in cerca di
  rendimenti sempre più elevati, compresi i fondi monetari protetti ed i fondi
  pensione, le banche sono state doppiamente ricompensate. In primo luogo, per
  i loro sforzi hanno riscosso meravigliosi diritti di gestione. Ma in secondo
  luogo e di maggior importanza, hanno scaricato il rischio dei prestiti
  all'ignaro compratore di tali titoli, perché nel caso di default dei prestiti
  originali, la banca l'avrebbe fatta franca. Erano stati già pagati ed erano
  stati liberati dal rischio di default e di preclusione sui prestiti
  originali. 
Il ruolo residuo delle banche era di raccogliere e distribuire interesse,
  finchè i mutuatari avevano effettuato i loro pagamenti degli interessi. Ma se
  i pagamenti si arrestavano, le perdite di capitale incontrate a causa del
  declino nel valore di prestiti non performanti sarebbero invece state
  sostenute dagli investitori dei CBO e CDO. Le stesse banche non avrebbero
  sofferto perdite e sarebbero state libere di usare le loro basi di capitale
  per impegnarsi in ulteriori vantaggiosi prestiti. Infatti, gli investitori
  alla fine della catena divennero i reali prestatori di ipoteca (senza
  raccogliere tutte le ricompense di tali rischiosi prestiti) e le banche
  poterono riutilizzare il loro capitale per arricchirsi sempre più con le loro
  operazioni di prestito. Questo era il periodo migliore per le banche e si
  abbuffavano senza freno. Alcune di loro hanno pagato ai loro impiegati decine
  di miliardi di dollari in indennità di
  fine d'anno. 
Quindi, ed è qui che la FED ed altre agenzie di controllo sono venute a
  mancare, i prestatori di ipoteca di prima linea sono diventati sempre più
  aggressivi nei loro prestiti, con la completa certezza che avrebbero potuto
  scaricare proficuamente il rischio a valle. Ciò spiega l'espansione del
  mercato di ipoteche "subprime" in cui il prestito è stato fatto
  senza pagamenti in acconto, nessun pagamento d'interessi per un certo periodo
  e niente domande riguardo reddito e solvibilità del mutuatario. Queste non
  erano normali pratiche di prestito. Simili "schemi di Ponzi"
  [Charles Ponzi all'inizio del XX secolo divenne celebre, e venne arrestato,
  per investimenti fraudolenti ad alto profitto che presero il suo nome, ndt]
  non potevano durare per sempre. E quando i prezzi delle case hanno iniziato a
  calare, sono aumentati anche i pignoramenti, scuotendo così fino alle
  fondamenta la nuova casa finanziaria di carte. Le banche divennero le
  riluttanti proprietarie a valori molto ribassati di parte delle proprietà
  pignorate. 
Perchè allora tante banche sono in difficoltà finanziarie, se il rischio
  del prestatore era stato trasferito agli ignari investitori? Essenzialmente,
  perché quando è scoppiato il boom delle case, la giacenza delle banche di
  "titoli con garanzia collaterale" invenduti era insolitamente alto.
  Quando il pifferaio ha smesso di suonare e gli investitori hanno smesso di
  comprare i rischiosi investimenti di recente creazione, il loro valore è
  precipitato in una notte e le banche sono rimaste con perdite enormi che non
  si sono ancora completamente riflesse nei loro bilanci finanziari. Quindi, le
  banche che non hanno scaricato i loro stock di pacchetti ipotecari sono state
  costrette ad accettare la proprietà di beni pignorati, a valori molto
  ribassati. Con poco o nessun collaterale dietro i prestiti, le perdite per
  crediti inesigibili sono diventate inevitabili. 
Poiché nessuno sa per certo il valore di qualcosa che non è commerciato,
  serviranno mesi prima che le banche vengano a capo del totale delle perdite
  che hanno sofferto nei loro stock di "titoli basati su beni"
  preconfezionati ed invenduti. È più di una normale "crisi di
  liquidità" o di un "restringimento del credito " (che risulta
  quando la banca presta a breve termine ed investe in beni di lunga durata non
  liquidi); è più come una "crisi di
  solvibilità" se la base di capitale delle banche è
  sopraffatta dalla scoperta di enormi perdite finanziarie incontrate quando le
  banche sono costrette a vendere beni ipotecati in un mercato immobiliare in
  depressione. 
E' questa confusione di operazioni bancarie e finanziarie che si sta
  sviluppando davanti ai nostri occhi e che sta minacciando il sistema
  finanziario americano ed internazionale. Ci sono quattro classi di perdenti.
  In primo luogo, gli acquirenti di case che hanno comprato le proprietà a
  prezzi inflazionati con poco o nessun acconto e che ora rischiano il
  pignoramento. In secondo luogo, gli investitori che hanno comprato cambiali
  finanziarie garantite con ipoteche non liquide e che sono in allarme per il
  rischio di perdere una parte o tutti i loro investimenti. In terzo luogo, gli
  azionisti delle banche che hanno tratto profitto finchè il sistema ha
  funzionato senza difficoltà ma che ora devono far fronte a valori delle
  azioni in declino. E, per concludere, chiunque tema di diventare vittima,
  direttamente o indirettamente, del rallentamento economico prossimo venturo. 
Rodrigue Tremblay è un
  economista canadese che vive a Montreal; può essere raggiunto su rodrigue.tremblay@yahoo.com 
Visitate il
  suo blog : www.thenewamericanempire.com/blog 
o il suo sito
  web: www.thenewamericanempire.com 
Titolo
  originale: "A Financial System under Siege" 
Fonte: http://www.globalresearch.ca 
15.11.2007 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILMARI 
VEDI ANCHE: 
2. 
Una selezione di 20 citazioni dal presidente George W. Bush 
19.11.2006 
1."Credo
  che Dio voglia me come presidente." 
["I believe God wants me to be president" is a Bush statement
  during a meeting with Rev. Richard Land, head of the public policy arm of the
  Southern Baptist Convention, in 1999.] 
2. "Fui scelto
  dalla grazia di Dio per condurre a quel momento." 
 ([I was] "chosen
  by the grace of God to lead at that moment", is a Bush quotation
  reported by Michael Duffy in Time magazine immediately after 9/11.) 
3. -"Dio mi
  ha detto di colpire al-qaeda e io li ho colpiti, e dopo mi ha istruito a
  colpire Saddam, cosa che ho fatto, e adesso sono determinato a risolvere il
  problema nel medio oriente." 
["God told
  me to strike at al-Qaeda and I struck them, and then he instructed me to
  strike at Saddam, which I did, and now I am determined to solve the problem
  in the Middle East. " comes from a remark made by Bush to
  Palestinian negotiator Nabil Shaath, made to and reported by BBC News on
  Thursday, October 6 2005.] 
4. "Credo
  che Dio parli attraverso me. Senza non potrei fare il mio lavoro." 
["I trust
  God speaks through me. Without that, I couldn't do my job" is a Bush
  remark to a group of Amish people he met with privately on July 9, 2004, and
  as published by the Lancaster New Era, July 16, 2004.] 
5. "Il
  problema col Francese e' che non hanno una parola per 'entrepreneur'."
  (Nota: enterpreneur, che significa impresario, e' una parola di origine
  francese) 
["The problem with the French is that they don't
  have a word for 'entrepreneur'" comes
  from a remark made by Bush during a discussion of the French economy during
  the 2002 G8 summit in Kananaskis, Alberta, as reported in The Times (London),
  July 9, 2002.] 
6. "Vedi, nel mio modo di lavorare devi continuare a
  ripetere le cose piu' e piu' e piu' volte ancora perchè la verita' ci
  sprofondi, come per catapultare la propaganda." 
["See, in my
  line of work you got to keep repeating things over and over and over again
  for the truth to sink in, to kind of catapult the propaganda." comes
  from  remarks Bush made during a Social Security Conversation at the
  Athena Performing Arts Center in New York on May 24, 2005.] 
7. "Io
  voglio solamente che voi sappiate che, quando parliamo di guerra, stiamo in
  realta' parlando di pace." 
["I just
  want you to know that, when we talk about war, we're really talking about
  peace"  is taken from a Bush speech at the Department of Housing
  and Urban Development, Washington, D.C., June 18, 2002.] 
8. "Questa
  nozione che gli stati uniti si stiano preparando ad attaccare l'Iran e'
  semplicemente ridicola. E detto cio', tutte le opzioni sono sulla
  tavola." 
["This
  notion that the United States is getting ready to attack Iran is simply
  ridiculous. And having said that, all options are on the table" is a
  widely known remark that Bush made during a press conference, after a meeting
  with EU leaders, in Brussels, Belgium, on February 22, 2005.] 
9. "La
  cosa piu'importante per noi e' di trovare Osama Bin Laden. E' la nostra
  priorita' numero uno, e non riposeremo fino a quando non l'avremo
  trovato." 
["The most
  important thing is for us to find Osama bin Laden. It is our number one
  priority and we will not rest until we find him" was recorded at a
  Bush White House press conference in Washington, D.C., on September 13,
  2001.] 
10. "Non so
  dove bin laden sia. Non ho idea e sinceramento non mi importa. Non e' cosi'
  importante. Non e' la nostra priorita'." 
["I don't
  know where bin Laden is. I have no idea and really don't care. It's not that
  important. It's not our priority" was recorded at George W. Bush's
  White House press conference in the James S. Brady Briefing Room, Washington,
  D.C., on  March 13, 2002.] 
11.
  "Trovammo le armi di distruzione di massa. Trovammo laboratori
  biologici...per quelli che dicono che non abbiamo trovato i dispositivi di
  fabbricazione proibita o armi proibite, avevano torto, li avevamo
  trovati." 
["We found the weapons of mass destruction. We
  found biological laboratories...for those who say we haven't found the banned
  manufacturing devices or banned weapons, they're wrong, we found them" is a statement Bush made in Washington,
  D.C., on May 29, 2003.] 
12. "Oh,
  no, non avremo nessuna perdita [in Iraq]." 
["Oh, no,
  we're not going to have any casualties [in Iraq]" is a statement
  made by Bush during a discussion in early 2003 about the Iraq war with
  Christian Coalition founder Pat Robertson in Nashville, Tennessee, and as
  quoted by Robertson himself.] 
13. "Brownie
  (Michael Brown della FEMA), stai facendo un diamine di lavoro." 
["Brownie
  (Michael Brown of FEMA), you're doing a
  heck of a job" is still fresh in everybody's memory; it is a
  public  statement made by Bush about Michael D. Brown, head of Fema,
  following Hurricane Katrina, at Mobile Regional Airport in Mobile, Alabama.
  on September 2, 2005.] 
14. -"Se
  questa fosse stata una dittatura, sarebbe stato un sacco piu' facile,
  solamente purche' sia io il dittatore." 
["If this
  were a dictatorship, it'd be a heck of a lot easier, just so long as I'm the
  dictator" is taken from an audio clip of President-elect George W.
  Bush, at a photo-op with congressional leaders during his first trip to
  Capitol Hill, Washington, D.C., December 18, 2000; it was also reported on Online NewsHour, Washington, DC,
  December 18, 2000.] 
15. "Queste
  persone stanno cercando di agitare il desiderio dei cittadini iracheni, e
  vogliono che noi andiamo via.. Penso che il mondo sarebbe stato piu ricco se
  noi fossimo andati via..." 
["These
  people are trying to shake the will of the Iraqi citizens, and they want us
  to leave...I think the world would be better off if we did leave..."/This
  was said by Bush during the presidential debate
  of September 20, 2004.] 
16. "I
  nostri nemici sono innovativi e pieni di risorse, e cosi'siamo noi. Loro non
  smettono mai di pensare riguardo a nuovi mezzi per danneggiare il nostro
  paese e il nostro popolo, e neanche noi." 
["Our
  enemies are innovative and resourceful, and so are we. They never stop
  thinking about new ways to harm our country and our people, and neither do
  we."/Bush's remarks video clipped in Washington, D.C., as he signed
  the Defense Appropriations Act for Fiscal Year 2005, on August 5, 2004.] 
17. "Non ho
  la piu' pallida idea su cosa penso della politica internazionale." 
[“I don’t have
  the foggiest idea about what I think about international, foreign policy”
  can be found in Bob Woodward's book "State of Denial".] 
18. "Sono il
  comandante - vedete, non occorre che spieghi - non ho bisogno di spiegare
  perche' dico le cose. E' la cosa interessante dell'essere presidente." 
 ["I'm
  the commander — see, I don't need to explain — I do not need to explain why I
  say things. That's the interesting thing about being president." can
  be found in Bob Woodward's book "Bush at War".] 
19.
  "Anch'io non sono molto analitico. Sai, io non passo tanto tempo a
  pensare a me stesso, a perche' faccio le cose." 
["I'm also
  not very analytical. You know I don't spend a lot of time thinking about
  myself, about why I do things" was recorded by journalists aboard
  Air Force One, on June 4, 2003.] 
20. "Molti
  iracheni potranno sentirmi stanotte in una trasmissione radio tradotta, e ho
  un messaggio per loro: se dobbiamo iniziare una campagna militare, sara'
  diretta contro gli uomini senza legge che governano il vostro paese, e non
  contro di voi." 
["Many
  Iraqis can hear me tonight in a translated radio broadcast, and I have a
  message for them: If we must begin a military campaign, it will be directed
  against the lawless men who rule your country and not against you"
  comes from the transcript of a Bush speech made on March 17, 2003, days
  before the U.S.-led invasion of Iraq.] 
_________________________________ 
Rodrigue Tremblay è
  professore emerito di economia all'Università di Montreal e un frequente
  contributore di Global Research. E' autore di 'The New American Empire'. 
I riferimenti di ogni singola citazione si trovano al
  link dell'articolo originale 
Rodrigue Tremblay 
1. 
AIPAC, destra religiosa e politica estera USA 
2006-08-21 
"La
  maggior parte dei cittadini è ignara del fatto sconvolgente che durante gli
  anni la nostra politica in Medio Oriente non è stata fatta da esperti guidati
  dagli interessi nazionali fondamentali dell'America." 
Paul Findley, membro Repubblicano del
  congresso USA, (1961-83) 
"Grazie
  a dio abbiamo la AIPAC, il più grande tifoso ed amico che abbiamo al mondo" 
Ehud Olmert, Primo ministro di Israele 
"O
  io definisco la politica sul Medio Oriente o è la AIPAC che lo fa." 
Zbigniew Brzezinski, consulente al
  National Security dell'amministrazione Carter 
Nessuno può comprendere ciò che avviene politicamente in
  USA senza essere cosciente che una coalizione politica, dei principali gruppi
  pro-Likoud, degli intellettuali neo-conservatori proisraeliani e dei sionisti
  cristiani, esercita un'influenza terribilmente forte sul governo USA e le sue
  politiche. Col tempo, questa vasta lobby proisraeliano, la cui punta di
  diamante è l'American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), ha esteso
  tutta la sua influenza su grandi parti del governo USA, compreso l'ufficio
  del vicepresidente, il Pentagono ed il dipartimento di Stato, oltre al
  controllo dell'apparato legislativo del Congresso. È assistito nel suo
  compito da alleati potenti nell'ambito delle due principali parti politiche,
  grandi mass media ed alcuni cosiddetti "think tank" riccamente
  finanziati, come l'American Enterprise Institute, la Heritage Foundation, o
  il Washington Institute for Near East Policy. 
La AIPAC è la pietra angolare di questo
  sistema coordinato. Ad esempio, conserva le statistiche dei voti su ogni
  rappresentante della Camera e del Senato, che sono in seguito comunicate ai
  donatori politici perché agiscano di conseguenza. La AIPAC organizza inoltre
  regolarmente viaggi tutto-spesato in Israele e riunioni con i ministri
  israeliani e personalità per i membri del congresso ed il loro personale, e
  per politici Americani locali o di altri stati. Non ricevere questo
  imprimatur è un handicap pesantissimo per qualsiasi politico americano
  ambizioso, anche se può contare su una fortuna personale. A Washington, per
  avere un accesso più facile alle istanze decisionali, la Lobby ha anche
  sviluppato l'abitudine di reclutare il personale per gli uffici dei senatori
  e dei membri della Camera. E, quando le elezioni arrivano, la lobby si
  assicura che i politici tiepidi, propensi all'indipendenza, o dissidenti,
  siano puniti e battuti. È una fonte di tale potere politico, con il
  finanziamento delle campagne e la propaganda nei mass media, che nessun
  politico USA può osare ignorare le sue richieste senza temere di essere
  distrutto. Come il cronista veterano Robert Novak ha recentemente segnalato,
  grazie all'influenza dell'AIPAC e della lobby, "Washington rimane
  soprattutto una zona bipartisan senza critica per Israele." 
È comprensibile. Le tecniche dell'AIPAC
  sono così efficaci che si può facilmente avere l'impressione che è "un
  governo parallelo" a Washington DC. Secondo le parole del suo
  presidente, Howard Friedman, consegnate in un bollettino pretenzioso oltre ad
  ogni misura destinato ai simpatizzanti, si fonda in particolare su due
  tecniche: 
1 - "L'AIPAC incontra ogni candidato
  in corsa per il Congresso. Questi candidati ricevono briefing dettagliati per
  aiutarli a comprendere completamente la complessità della situazione di
  Israele e dell'insieme del Medio Oriente. Chiediamo anche ad ogni candidato
  di scrivere un "documento di posizione" sui loro punti di vista
  della relazione USA-Israele, così la loro posizione a questo riguardo è
  chiara." 
2 - "I membri del congresso, il
  personale ed i funzionari dell'amministrazione, sono portati a dipendere
  dagli appunti del AIPAC. Sono persone molto occupate e sanno che possono
  contare sulla AIPAC per analisi chiare. Presentiamo quest'informazione in
  forma concisa ai funzionari eletti. Le informazioni e le analisi sono
  impeccabili -  dopo tutto, è in gioco la nostra reputazione. Ciò ha per
  conseguenza una politica ed una legislazione che garantiscono la
  sopravvivenza di Israele. 
Dubito che ci sia un qualunque paese
  democratico al mondo dove i candidati devono passare un test ideologico
  decisivo per avere una possibilità di essere scelti come candidati e di
  essere eletti. Così, chi potrebbe biasimare AIPAC di essere convinto di
  tenere sotto controllo il congresso USA? Se la AIPAC fosse un'impresa,
  potrebbe essere oggetto di una Federal Trade Commission (FTC), un'indagine
  federale antitrust ed anti-cartello per accaparramento del mercato. 
Di conseguenza, non dovrebbe essere
  sorprendente che, a Capitol Hill, "La Lobby" sembra condurre la
  barca, a tal punto da avere il controllo quasi completo della politica estera
  USA ed altre politiche, come quella della difesa, sono diventate
  l'equivalente di uno scherzo. Non siamo alla manipolazione del consenso, ma
  piuttosto di una situazione equivalente all'omologazione totale della volontà
  di allineare le politiche USA sulle politiche israeliane, ogni volta che gli
  interessi di Israele in Medio Oriente sono in gioco. Un paese totalitario non
  funzionerebbe differentemente. La AIPAC ha tale influenza su Washington che a
  volte si può essere perdonati per aver confuso Tel-Aviv con Washington DC. Un
  esempio recente: la AIPAC ha redatto una risoluzione di sostegno ad Israele
  nei suoi bombardamenti selvaggi ed illegali sul Libano. Il 20 luglio 2006, la
  risoluzione fu votata all'unanimità dai 100 membri del Senato, ed il voto
  della Camera fu da 410 ad 8. Caso chiuso. 
Per molti anni, l'influenza della Lobby
  restò nascosta, ignorata o dissimulata dai mass media che essa stessa
  controllava e dalla maggior parte dei commentatori. Tuttavia, il 10 marzo
  2006, due rispettati specialisti americani, i professori Stephen Walt
  dell'Universita di Harvard e John Mearsheimer dell'Università di Chicago
  pubblicarono uno studio su The London Review Of Books, intitolato "La
  Lobby israeliana e la politica estera Americana", sull'influenza
  sproporzionata che questa Lobby di interessi particolari esercita sulla
  politica estera USA. Dice che la AIPAC è "l'organizzazione più potente e
  più conosciuta" di una Lobby pro-israeliana che distorce
  sistematicamente la politica estera USA. Lo studio concludeva che Israele aveva
  svolto un ruolo principale per spingere l'amministrazione Bush nella guerra
  contro l'Iraq, ed argomentava che l'influenza della Lobby proisraeliana sulla
  politica estera USA era negativa sia per Israele che per gli USA. Dopo ciò,
  nessuno potrà fingere di ignorare l'influenza corrosiva di questa potente
  Lobby sulla politica estera USA. 
Un altro esempio del tipo di potere che
  la Lobby detiene al giorno d'oggi a Washington DC è il suo successo nello
  stabilimento nel dipartimento di Stato, con il denaro dei contribuenti, di
  un'agenzia di interessi particolari, chiamata "Ufficio
  sull'antisemitismo globale". In un movimento che fa pensare a ciò che si
  è prodotto durante i secoli passati sotto regimi totalitari, questa nuova
  "agenzia" è completamente dedicata alla sorveglianza nel mondo dei
  casi, tra le altre cose, di critica di Israele o delle politiche USA
  proisraeliane. La creazione di questo nuovo dipartimento d'inquisizione è
  stata autorizzata da una legge, (H.R. 4230), che il Presidente George W. Bush
  ha firmato il 16 ottobre 2004. Chi dice che la realtà non è più ignota della
  finzione! 
I cosiddetti Sionisti
  Cristiani (leggi QUI) esercitano anche
  un'importante influenza sulla politica estera USA, specialmente per ciò che
  riguarda il Medio Oriente. La loro propaganda ha così ben funzionato che
  oggi, il quaranta per cento degli americani credono che Israele è stato
  direttamente dato al popolo ebreo da "Dio". Un terzo degli
  americani crede anche che la creazione dello Stato di Israele, nel 1948, dopo
  una campagna terroristica contro la Gran Bretagna, sia una tappa verso il
  "secondo arrivo di Gesù Cristo" e la "fine dei tempi".
  Per i più fanatici di loro, la "guerra contro il terrorismo",
  qualsiasi cosa significhi, sia una guerra di religioni tra il Cristianesimo e
  l'Islam. Con idee simili, il mondo è tornato quattro secoli dietro, poiché
  l'ultima guerra di religioni fu la Guerra dei 30 Anni tra protestanti e
  cattolici europei, dal 1618 al 1648. 
Al giorno d'oggi, la destra religiosa USA
  ha il suo ufficio di interessi particolari al Dipartimento di Stato. È
  chiamato "Office of International Religious Freedom" (Ufficio per
  la libertà religiosa internazionale), e la sua missione principale è di
  immischiarsi degli affari interni di altri paesi. Tale agenzia di Stato
  sembrerà andare contro la "parete di separazione" tra la chiesa e
  lo Stato che il Presidente Thomas Jefferson pensò di avere stabilito con il
  primo emendamento alla costituzione USA. Tali incursioni governative in
  questioni religiose sono finanziate dallo Stato, oltre all'Office of
  Faith-Based and Community Initiatives (Ufficio per le iniziative
  confessionali e comunitarie) che l'amministrazione Bush creò poco dopo il suo
  insediamento. Da quando l'occupante attuale della Casa Bianca è un cristiano
  rinato che cova idee che sono vicine a quelle avanzate dalla destra cristiana
  USA, ciò non dovrebbe troppo stupire se la politica dell'amministrazione Bush
  in Medio Oriente ha colorazioni religiose molto forti. 
In qualsiasi governo, si deve osservare
  dietro le tende per vedere chi muove realmente i fili e chi orienta le
  politiche. Nel caso dell'amministrazione Bush-Cheney, si deve essere a
  conoscenza della Lobby e della "destra religiosa". Senza questa
  conoscenza, non si potrà comprendere la direzione presa da certe politiche. 
_______________________________ 
di Rodrigue TREMBLAY, professore emerite di scienze economiche all'università di
  Montreal. Può essere raggiunto alla mail rodrigue.tremblay@yahoo.com. 
E' autore del libro 'The New American Empire' (Il Nuovo Impero Americano). 
Tradotto da Marco M per www.pressante.com. 
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